Una piccola città malata, con il 60-80% della popolazione colpita da una patologia. E’ questa la fotografia della salute dei detenuti italiani (64 mila in totale), scattata dalla Società italiana di medicina e sanità penitenziaria (Simspe) e presentata oggi a Roma. Un detenuto su due soffre di una malattia infettiva, quasi uno su tre di un disturbo psichiatrico, circa il 25% è tossicodipendente. “Purtroppo è una popolazione giovane, ma con problemi di salute anche molto gravi – spiega all’Adnkronos Salute Sergio Babudieri, presidente di Simspe onlus – Lo dimostra anche lo studio recente condotto dalla Simspe in 35 istituti, con 15 mila detenuti coinvolti (circa il 25% del totale), dal quale è emerso che solo 1 detenuto su 4 ha fatto il test per l’Hiv.
Dato che contrasta con quello ufficiale: il 2-4% di chi è in carcere è sieropositivo. Siamo di fronte a una sottostima della patologia”. Secondo i medici penitenziari “sono in aumento tra i detenuti gli atti di autolesionismo e i tentativi di togliersi la vita. Mentre ci sono stati 10 suicidi nei primi mesi del 2014 e 18 decessi naturali – spiega Giulio Starnini, segretario generale della Simspe – con i suicidi in leggero calo rispetto agli anni passati”. Sono circa 3-4 mila i medici e gli infermieri che lavorano negli istituto di pena italiani. Le stime sulla salute dei detenuti italiani elaborate dalla Simspe vedono in testa alla classifica delle patologie più diffuse le malattie infettive (48%); i disturbi psichiatrici (27%); le tossicodipendenze (25%); le malattie osteoarticolari (17%); le malattie cardiovascolari (16%); i problemi metabolici (11%); le patologie dermatologiche (10%). Per quanto riguarda le infezioni a maggiore prevalenza, il bacillo della tubercolosi colpisce il 22% dei detenuti, l’Hiv il 4%, l’epatite B (dormiente) il 33%, l’epatite C il 33% e la sifilide il 2,3%. Le cause – sottolineano i medici – sono da rintracciare in un’elevata presenza di soggetti a maggior rischio per le condizioni che riguardano le patologie più diffuse. Ovvero, soggetti con dipendenze da droghe o alcol e molti stranieri. “La salute pubblica non può prescindere dalla salute in carcere – precisa Babudieri – Pertanto le carenze di interventi sanitari adeguati nell’ambiente ristretto comportano inevitabili conseguenze sanitarie negative sulla popolazione detenuta, sul personale degli istituti, ma anche sull’intera collettività. Dopo il trasferimento delle funzioni sanitarie dal sistema centralizzato ed autonomo dell’Amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario nazionale (Ssn) – aggiunge – le Regioni ancora stentano a entrare nella cultura e nelle attività sanitarie del carcere. Serve quindi una profonda rivisitazione del sistema anche in questo periodo di crisi economica”. Emerge prepotente – evidenzia la Simspe – la necessità di un Osservatorio epidemiologico nazionale sulla salute in carcere perché i progressi della farmacologia, della clinica, della diagnostica evidenziano un quadro sempre più fluido dell’evento malattia in carcere, con una tendenza dinamica che necessita di una approfondita conoscenza per migliorare i target dell’intervento.
19/03/2014