La visita al carcere di #Monza è stata un pugno nello stomaco. Per me era la prima volta. La situazione è di emergenza, come nel resto del paese. Sovraffollamento della popolazione carceraria. Scarsa applicazione della legge Smuraglia sul lavoro per i detenuti. Sottodimensionameno della pianta organica della polizia penitenziaria. Quanto alla struttura, va ricordato che la casa circondariale è una delle “carceri d’oro” degli anni ’80 con conseguenti carenze gravi per la povertà dei materiali usati. In sostanza ci piove dentro. Il teatro e la cappella sono inagibili. In molti laboratori e spazi polivalenti ci sono infiltrazioni. Mi ha colpito molto l’isolamento. Dentro l’istituto sono vietati cellulari, tablet, computer, chiavette USB, radio, qualunque mezzo per comunicare con l’esterno non solo per gli ospiti, ma anche per agenti, operatori, medici, insegnanti, educatori e visitatori. Anche la struttura del carcere è isolata dal resto della città. Mi domando come si possa perseguire la finalità rieducativa prevista dalla costituzione in luogo del genere. È difficile che una persona possa migliorare in questo carcere.
In fondo, credo abbia ragione @PaoloPiffer che a San Quirico ci lavora. Il comune può fare molto. Anzi, qualcosina già fa per migliorare la condizione degli ospiti. Forse unico fra i comuni, ha istituito un servizio di anagrafe all’interno della casa circondariale che è sempre più “frequentato” dai detenuti.
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