La Germania dopo Hitler trascorre gran parte della sua esistenza a ripulire l’immagine dall’estremismo, dando prova di notevole apertura, progresso e civiltà se non fosse per l’ombra neonazista che continua a gravare sulla bandiera. Il neonazismo è vivo, anzi è più che vivo, e tenta di infilarsi in ogni dove per rendere vive le sue cellule sparse in giro per il paese.
L’ultimo scandalo scoperto in Assia rende la sua minaccia ancora più preoccupante per l’abilità di mascherarsi e riprodursi come un cancro silenzioso. Die Bild spiega che le autorità dell’Assia hanno scoperto una rete neonazista all’interno delle carceri tedesche: “Si fingevano un’associazione che aveva l’obiettivo di aiutare i carcerati, sostenendo economicamente le loro famiglie” ma dopo alcune ricerche si è scoperta la vera natura delle operazioni: con il pretesto dell’aiuto finanziario, la rete neonazista permetteva la comunicazione tra i membri in carcere e all’esterno, attraverso l’utilizzo di codici e messaggi nascosti ancora difficili da interpretare e, a prima vista, non imputabili all’estrema destra. Ecco quanto è successo.
MANUALE DEL GIOVANE NEONAZISMO – Non è la prima volta che l’estremismo di destra prova a intrufolarsi nelle carceri tedesche, Der Spiegel ricorda che nel 2011, il ministro Hans-Peter Friedrich vietò la “Hilfsorganisation fuer nationale politische Gefangene und deren Angehoerige” (HNG) ovvero un’organizzazione che si occupava di provvedere ai ‘prigionieri’ politici nazionali e alle loro famiglie perché “glorificava il nazismo” e “rifiutava la democrazia”. HNG aveva l’obiettivo di aiutare 600 membri dichiarati “prigionieri” a causa della manifestazione del loro estremismo di destra. A niente è valso l’annullamento dell’associazione perché due anni dopo, in Germania si parla di nuovo del tentativo neonazista di farsi largo nelle carceri. Sueddeutsche Zeitung e Die Bild sostengono che la rete neonazista, all’attacco delle carceri, avesse contatti anche con l’ambiente Nationalsozialistischer Untergrund (NSU), il gruppo terroristico che ha firmato i delitti del kebab. La nuova rete comunicava attraverso codici e simboli e il ministro di Giustizia Joerg-Uwe Hahn ha confermato le indagini, spiegando che tutto il materiale è stato analizzato e sequestrato: “Non vogliamo che si ripetano i crimini NSU e anche gli errori nelle indagini”.
Il politico si riferiva al risarcimento di 900 mila euro del governo tedesco ai parenti delle dieci persone uccise dalla cellula terroristica Clandestinità Nazionalsocialista: i crimini si sono consumati tra il 2000 e il 2007 ma Berlino ha impiegato cinque anni per rendere giustizia alle vittime, come ha scritto Die Zeit. Il risarcimento alle vittime della Nsu del 2012 è stato un importante passo in avanti e da allora “I ministri federali hanno promesso di indagare negli archivi allo scopo di trovare informazioni sui crimini più datati, in modo tale da sistemare la questione del ‘riconoscimento governativo’”. Solo la prossima settimana inizierà il processo contro Beate Zschaepe, l’unica sopravvissuta della banda del Kebab, e altri quattro presunti complici coinvolti. È chiaro che, alla luce dello scandalo dell’indagine trascurata NSU, l’attenzione del governo sia alta.
SBARRE E NEONAZISMO – Sueddeutsche Zeitung spiega che sono finiti agli arresti diversi estremisti di destra accusati di aver tentato di costruire una rete nazionale, che avrebbe anche intrecci con la NSU. I carcerati implicati nella rete sono stati trasferiti e separati dagli altri. Il ministro di Giustizia Hahn ha intenzione di parlare con i ministri di Giustizia delle altre province per analizzare la questione mentre i controlli nelle carceri dell’Assia sono aumentati: “Le forze dell’ordine dovrebbero avere una formazione più approfondita al punto da essere in grado di bloccare sul nascere questo tipo di infiltrazioni” ha scritto il giornale tedesco anche se “Non è facile tenere d’occhio la rete neonazista”.
Uno dei neonazisti coinvolti nella rete e arrestato, è già noto alle forze dell’ordine per essere l’autore di una lettera anonima in cui è comparso come “la mente di tutti gli attacchi NSU”. Un’accusa forte che adesso sarà valutata nelle indagini. Da un’interrogatorio precedente, l’uomo ha raccontato di essersi incontrato più volte “con Beate Zschäpe, Uwe Mundlos und Uwe Böhnhardt” (i tre componenti del trio terrorista di cui oggi è in vita solo Zschäpe ndr). Dalle nuove indagini risulta un file a nome “Paulchen Panther” sul suo computer che risalirebbe agli anni NSU ma che gli inquirenti devono ancora visionare. La moglie lo ha difeso dicendo che era solo “un file sulla Pantera Rosa e niente di più” e poi ha detto: “Lo abbiamo anche guardato insieme”.
Fonte: giornalettismo.com