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Muore in carcere perché l’ossigeno era finito

cordatesaEnnesimo decesso in un carcere italiano, ennesima dimostrazione che di carcere si muore troppo spesso in Italia.

Daniele Sparti, di 32 anni, è morto nel carcere di Giarre in provincia di Catania lo scorso 25 aprile, ma la notizia è stata divulgata solo oggi. Lo riporta una nota stampa dell’agenzia Adnkronos che riprende un comunicato dell’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, che ha ufficialmente reso noto la tragica vicenda.

Daniele era malato da tempo e veniva quotidianamente sottoposto a ossigenoterapia. L’ossigeno che lo aiutava a respirare, però, secondo le prime ricostruzioni si sarebbe esaurito nella nottata senza che nessuno se ne accorgesse. Daniele sarebbe, quindi, morto da solo, in una cella, con un macchinario a cui era semplicemente finito l’ossigeno all’interno. L’hanno trovato senza vita solo la mattina successiva. La salma è stata, quindi, trasportata presso l’obitorio dell’Ospedale Garibaldi di Catania. Intanto, la Procura competente ha già avviato un’inchiesta, per ora senza indagati, per capire come si sono svolti realmente i fatti e se la morte di Daniele può essere attribuita a qualcuno.

Quello che fa davvero rabbrividire è pensare che dopo otto anni di carcere scontanti, Daniele sarebbe divenuto nuovamente un uomo libero fra soli cinque giorni, solo cinque. Invece, il suo nome e la sua storia si aggiungono a quelle di tanti altri detenuti che hanno trovato la morte nelle carceri italiane. Secondo l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere, dall’inizio del 2014 si contano 45 morti, tra cui 12 suicidi, con dati relativi al 26 aprile, cioè di soli due giorni fa. Nel 2013, invece, 153 morti e 49 suicidi e l’anno precedente il 2012 andò ancora peggio, con ben 60 suicidi per un totale di 154 decessi avvenuti in tutte le carceri del territorio italiano.

La notizia della morte di Daniele è stata commentata duramente da Donato Capece, Segretario Generale del Sappe, il Sindacato Autonomo di Polizia Penitenziaria, che in un commento all’Adnkronos ha dichiarato che “E’ grave constatare come ancora una volta un detenuto infermo sia stato lasciato morire in carcere, quando poteva essere messo ai domiciliari. Sparti, infatti era malato da tempo e fra cinque giorni avrebbe lasciato il carcere. Il detenuto – continua Capece – è stato rivenuto in fin di vita dal controllo degli agenti penitenziari, tra le 6 e le 6.30 del 25 aprile scorso. Contestiamo la vigilanza dinamica che non consente il controllo dei detenuti. Torniamo a chiedere le dimissioni del vertice del Dap, fallimentari nella gestione dell’emergenza penitenziaria”.

La notizia della morte di Daniele arriva in un momento davvero critico per la situazione delle carceri italiane, che da anni fanno i conti con un sovraffollamento cronico, strutture inadeguate, mancanza di diritti e torture celate. Tra un mese, infatti, scadrà l’ultimatum imposto all’Italia dalla Corte Europea per i diritti dell’uomo riguardo le disumane condizioni delle carceri italiane. Nel maggio del 2013, infatti, la Corte ha condannato l’Italia a risolvere entro un anno (maggio 2014) il problema del sovraffollamento carcerario, sentenza poi ribadita ancora una volta quando, l’8 gennaio scorso, è stata rigettato il ricorso presentato dal governo italiano.

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