«Io picchiato nel carcere di San Vittore a Milano»: dieci agenti penitenziari indagati

L’accusa di un detenuto. «Pestato per non farmi deporre al processo di Velletri contro le guardie che avevo denunciato»

«Non arrivi a Bologna, figurati se arrivi a Velletri…». Il pestaggio di un detenuto a San Vittore sarebbe grave già in sé, figurarsi poi se davvero motivato da rappresaglia in un malinteso spirito di corpo e di colleganza: e cioè finalizzato a punire il recluso che nel 2011 nel carcere di Velletri aveva accusato alcuni agenti di fare la cresta sulle forniture alimentari, e addirittura a impedirgli lo scorso 25 maggio di andare in Tribunale a Velletri a testimoniare proprio in quel processo-bis. Eppure è questo il quadro che ieri a Milano hanno cercato di verificare la gip Chiara Valori e il pm Leonardo Lesti nell’«incidente probatorio» convocato per cristallizzare le accuse del 50enne tunisino Ismail Ltaief (in custodia cautelare a San Vittore per tentato omicidio di un egiziano in un boschetto della droga) a 10 agenti di polizia penitenziaria del carcere, ora indagati per le due ipotesi di «intralcio alla giustizia» e «lesioni».

Il detenuto – ex tossicodipendente in trattamento con metadone, autore di due tentativi di suicidio per le asserite vessazioni – ha confermato il proprio racconto, per il quale militerebbero il resoconto di suoi racconti fatto da una volontaria al pm; in una consulenza medico-legale (disposta dal pm) che, diversamente da una visita medica precedente, attribuisce quei segni di violenza a oggetti (ad esempio un tirapugni) incompatibili con gli oggetti presenti nelle celle; e in due testi oculari di uno dei due pestaggi, i compagni di cella che saranno ascoltati in incidente probatorio lunedì.Ieri Ltaief ha messo agli atti il riconoscimento di 7 dei 10 agenti (tutti ancora in servizio, anche se quasi tutti in altri penitenziari) da lui ricollegati ai due più gravi asseriti pestaggi del 27 marzo e 12 aprile 2017, uno in cella e uno invece in una scala senza telecamere; non ha riconosciuto un agente; e ne ha infine riconosciuti altri due ma senza collocarli in specifici episodi illegali.

Dalla direttrice di San Vittore e dal comando della polizia penitenziaria dell’istituto è arrivata sinora una collaborazione piena e incondizionata alle indagini avviate dopo che la gip del tentato omicidio, Laura Marchiondelli, aveva trasmesso alla Procura le lettere ricevute dal detenuto. E del resto lo stesso detenuto, assistito dall’avvocato Alessandra Silvestri, ha voluto rimarcare che gli agenti che chiama in causa non sono affatto rappresentativi del corpo in servizio a San Vittore, esprimendo apprezzamento in particolare per la comandante della polizia penitenziaria e per una ispettrice, dalle quali ha detto di essersi sentito ascoltato e messo in sicurezza. Gli indagati (difesi dai legali D’Amelio, Pingitore, D’Agostino, Giambruno e Stefanizzi) respingono le accuse, le spiegano con il risentimento del detenuto per alcuni “rapporti” disciplinari, e ne additano contraddizioni.

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