Libia: migliaia di rifugiati nei ‘centri di trattenimento’

cordatesaIn occasione del 20 giugno, Giornata mondiale del rifugiato, Amnesty International ha diffuso un nuovo documento nel quale chiede alle autorità libiche di porre immediatamente fine alla detenzione a tempo indeterminato di rifugiati, richiedenti asilo e migranti (compresi bambini) in prigioni definite ‘centri di trattenimento’, a soli fini di controllo dell’immigrazione.

Ad aprile e maggio, una delegazione di Amnesty International ha visitato la Libia. Al momento della visita, nel paese erano operativi 17 cosiddetti ‘centri di trattenimento’ diretti dal ministero dell’Interno, nei quali erano detenuti 5.000 rifugiati, richiedenti asilo e migranti, senza contare quelli detenuti nei centri gestiti dalle varie milizie.

Amnesty International ha potuto visitare sette ‘centri di trattenimento’ e ha incontratoanche un piccolo numero di minori non accompagnati, alcuni di 10 anni, detenuti in tre ‘centri di trattenimento’ da mesi. In molti dei ‘centri di trattenimento’ visitati sono state osservate scarse condizioni igieniche ed elevato rischio di contrarre malattie e infezioni, come la polmonite e la dissenteria.

Nel ‘centro di trattenimento’ di Sabha, in cui a maggio si trovavano 1.300 persone, i detenuti erano ammassati in celle sporche e sovraffollate. La prigione è risultata priva di un servizio di fognatura funzionante e i corridoi erano pieni di immondizia. Circa 80 detenuti presumibilmente affetti da scabbia erano sottoposti a ‘trattamento’ in un cortile, sotto al sole, in condizioni di disidratazione.

I delegati di Amnesty International hanno documentatonumerosi casi di detenuti, uomini e donne, sottoposti a brutali pestaggi. “Le torture e i maltrattamenti che abbiamo scoperto nei ‘centri di trattenimento’ sono inaccettabili e costituiscono una macchia sulla Libia post-Gheddafi – ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International – gli abusi nei confronti dei cittadini stranieri provenienti dall’Africa subsahariana erano diffusi nell’era-Gheddafi e rischiano di diventare una caratteristica permanente del paese, se le autorità di Tripoli non cambieranno immediatamente le loro politiche”.

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