Un ragazzo di 24 anni, Denis R. si è suicidato mercoledì notte nella Casa di lavoro di Castelfranco Emilia, dove era internato. Lo rendono noto l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere e Ristretti orizzonti, denunciando che da alcuni giorni era stato disposto il ricovero del giovane condannato in una Casa di cura e custodia. Al trasferimento, firmato dal magistrato di Sorveglianza, non era stato dato corso “neppure quando dopo il colloquio con i familiari, venerdì, Denis aveva dato segni evidenti di malessere psicofisico”.
Il ragazzo, sposato e padre di un figlio di quattro mesi, era depresso. Si è soffocato con un sacchetto della spazzatura infilato in testa e riempito con il gas del fornelletto che aveva in uso. Lo ha trovato un compagno di stanza al rientro dalla “socialità”, steso sulla branda, privo di sensi. Ha provato a rianimarlo, insieme al poliziotto penitenziario di turno in sezione, ma non c’è stato nulla da fare. “È il 18esimo detenuto che si toglie la vita dall’inizio dell’anno e il totale dei morti in carcere del 2013 sale a 59”.
Una decina di giorni fa la Garante regionale per i diritti delle persone private della libertà, Desi Bruno, aveva visitato la struttura e sottolineato le criticità della situazione: “Agli internati, in esecuzione della misura di sicurezza della casa-lavoro, non è garantito alcun progetto che metta, come necessario, il lavoro al centro della condizione dell’internamento. Da loro viene una pressante richiesta di occupazione. In quanto sono impegnati a rotazione in mansioni cosiddette ‘domestiche’, con riscontri economici assai modesti. È il caso di ricordare che la quasi totalità degli internati ha già scontato la pena detentiva, e si tratta perlopiù di persone in condizione di fortissimo disagio sociale. Inoltre, molti di loro hanno problemi psichiatrici, alcuni dei quali con doppia diagnosi, potendo contare sull’aiuto di una sola operatrice per un complessivo monte ore di 24 ore al mese. La situazione risulta essere complessa anche per la magistratura di sorveglianza, talvolta “costretta” alla proroga della misura di sicurezza, risultando difficile reperire e porre in essere progetti orientati al reinserimento nella società di queste persone”. Conclusione, ribadita dopo la notizia della tragedia annunciata: “Questi posti vanno chiusi. Lo chiedo di nuovo. Bisogna che qualcuno si muova. Io non so più come chiederlo. Mi sento impotente”.