Brescia – La droga entrava a Canton Mombello, dove veniva spacciata tra i detenuti e poi i soldi finivano nelle tasche di almeno un agente di Polizia penitenziaria attraverso le donne della banda albanese che gestiva lo spaccio di cocaina dietro le sbarre.
I pagamenti sarebbero certificati dalla presenza di vaglia postali. Questo il quadro tracciato dalla Procura di Brescia nell’ambito dell’inchiesta che ha portato all’arresto di Luca Piredda, 55enne agente di Polizia penitenziaria ai domiciliari con l’accusa di spaccio.
Oltre al nome del calabrese, ora il sostituto procuratore Ambrogio Cassiani ha iscritto nel registro degli indagati altre tre persone, in stato di libertà: un secondo agente e due detenuti che in concorso con Piredda avrebbero favorito la circolazione di stupefacente a Canton Mombello dove, secondo l’accusa, erano entrati anche due telefoni cellulari per la gestione dello spaccio.
Inoltre la Procura ha disposto l’esame del capello per altri agenti che sarebbero stati indicati come abituali consumatori di droga e che ora rischiano provvedimenti disciplinari.