Detenuto evade dal carcere di Bollate: è la settima evasione da inizio anno

Settima evasione dall’inizio dell’anno dal carcere modello di Bollate, alle porte di Milano. L’ultimo episodio, denunciato dal segretario regionale dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria) Giuseppe Bolena, risale alla sera dello scorso venerdì, 7 aprile. A non fare più ritorno nel carcere è stato un cittadino indiano. Condannato per omicidio, avrebbe dovuto scontare una pena fino al 2023. Venerdì però è uscito dal penitenziario per usufruire del permesso di lavorare all’esterno del carcere, permesso che si era conquistato grazie alla buona condotta, e non è più rientrato.

Il detenuto era atteso per le 22: venerdì, oltre al permesso per lavorare fuori dall’istituto penitenziario, aveva ottenuto anche quello di poter fare visita alla propria famiglia. L’uomo ha deciso però di “bruciare” la buona condotta che lo aveva contraddistinto fino ad ora rendendosi responsabile di evasione. Non è il primo caso: dall’inizio del 2017 sono sette i dentenuti che, approfittando di permessi premio, non si sono più ripresentati in carcere. Cinque casi sono avvenuti nel giro degli ultimi 30 giorni. Una casistica che preoccupa. Per Bolena il carcere di Bollate “sta diventando troppo autoreferenziale, la direzione si preoccupa di non intaccare l’immagine di carcere modello piuttosto che affrontare e risolvere i problemi concreti dell’istituto. Non si può andare avanti così, Bollate sta diventando il trampolino di lancio verso la libertà anticipata”.

Il penitenziario di Bollate è nato dal 2000 e fin dalla sua costituzione si è contraddistinto come struttura diversa dalle altre. All’interno del penitenziario i detenuti – che per accedervi devono firmare un accordo che prevede di entrare in contatto anche con chi si macchia di reati sessuali e contro i minori, solitamente separati dai detenuti “comuni” – godono di particolari libertà, oltre che di strutture che altrove rappresentano un lusso: un’attrezzatissima sala musica, un teatro e persino un maneggio. In cambio di queste libertà la direzione del carcere chiede ai detenuti un percorso di responsabilizzazione, invitandoli a impegnarsi attivamente nei percorsi individuali di reinserimento nella società.

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