Il carcere di Sednaya come un campo di sterminio: in quattro anni sarebbero morte più di 13mila persone per mano del regime di Assad. È la denuncia presentata Amnesty International in un rapporto intitolato«Il mattatoio umano: impiccagioni di massa e sterminio nel carcere di Sednaya». Di notte, quando nella prigione regnava il silenzio, gruppi di 50 detenuti venivano impiccati due o tre volte a settimana. Una pratica tenuta segreta e praticata tra settembre 2011 e dicembre 2015 ma che potrebbe essere tuttora in vigore. Molti prigionieri, spiega ancora la ong, sono morti anche per le «politiche di sterminio» delle autorità, che comprendono torture ripetute, privazione del cibo, dell’acqua e delle medicine. Secondo Amnesty le esecuzioni erano state autorizzate dal governo siriano ai più alti livelli.
Il luogo
Sednaya è un piccolo villaggio cristiano a nord di Damasco, noto per un antico monastero e le sue reliquie. Ma per i siriani è altro. Negli anni ‘80 a Sednaya e Palmira il regime degli Assad ha costruito due prigioni speciali per i nemici politici: attivisti, membri delle minoranze represse come quella curda, e in seguito anche i jihadisti.
Dentro l’inferno delle prigioni di Assad
Le testimonianze
Il rapporto si basa sui racconti di 84 testimoni tra ex detenuti, giudici, avvocati e guardie. Generalmente, spiega, le impiccagioni avvenivano lunedì o martedì. I detenuti, prima dell’esecuzione, venivano portati davanti a una Corte militare. Il giudice si limitava a chiedere se l’imputato aveva commesso o no i crimini. Ma qualunque fosse la risposta la persona sotto accusa veniva condannata. Il processo non durava più di uno o due minuti. All’imputato non veniva concessa la possibilità di avere un avvocato né di difendersi da sé.
Il rito
I racconti dei testimoni sono tutti uguali nella loro drammaticità. Il giorno deciso per l’esecuzione i detenuti venivano chiamati per nome e veniva loro comunicato che sarebbero stati trasferiti in altre strutture detentive. In realtà venivano portati con gli occhi bendati in una cella di Sednaya, dove venivano picchiati, quindi trasferiti in un altro edificio per essere uccisi. Un ex giudice che assistette alle esecuzioni extragiudiziali ha riferito ad Amnesty che i malcapitati «venivano tenuti impiccati per 10-15 minuti. Alcuni non morivano perché erano magri, come la maggior parte dei giovani, il cui peso non li uccideva. Per cui, gli assistenti dei funzionari li tiravano fino a rompergli il collo». Un ex ufficiale militare recluso a Sednaya ha raccontato: «Di notte se mettevi l’orecchio sul pavimento potevi sentire come dei gorgoglii. Dormivamo con il rumore delle persone che morivano soffocate. Questo per me era normale». I cadaveri venivano poi caricati su dei camion e trasferiti all’ospedale militare di Damasco per la registrazione e la sepoltura in fosse comuni.
La richiesta
Per Amnesty queste pratiche equivalgono a crimini di querra e contro l’umanità. «Gli orrori descritti in questa informativa — commenta la vice direttrice di indagine dell’ufficio regionale di Amnesty a Beirut, Lynn Maalouf — rivelano una campagna segreta e mostruosa, autorizzata al più alto livello dal governo siriano, con l’obiettivo di schiacciare qualsiasi forma di dissenso all’interno della popolazione siriana». I colloqui di Ginevra in programma per il 20 febbraio, aggiunge Maalouf, «non possono ignorare queste rivelazioni. Mettere fine a queste atrocità del governo siriano deve essere un punto incluso nell’agenda e l’Onu deve condurre immediatamente un’indagine indipendente».