Sesso e soldi per l’evasione

carcere (1)Varese – Soldi. Rapporti sessuali con prostitute. E anche l’organizzazione di un pestaggio, di una missione punitiva contro il comandante e il vicecomandante della polizia penitenziaria ai Miogni, troppo rispettosi delle regole.
Sarebbe questo il “prezzo della corruzione”, quello che avrebbero ottenuto o avrebbero voluto ottenere cinque agenti della penitenziaria che all’inizio dello scorso anno avrebbero favorito in vario modo l’evasione di tre detenuti romeni dalla casa circondariale di Varese. Gli evasi furono catturati tutti nel giro di pochi giorni, mentre le manette ai polsi dei cinque poliziotti sono scattate nelle prime ore della giornata di martedì 9 dicembre nell’ambito di un’indagine coordinata dal sostituto procuratore Annalisa Palomba e condotta dalla stessa polizia penitenziaria e dai carabinieri della Compagnia di Luino.
A un fatto clamoroso – l’evasione – segue dunque uno sviluppo altrettanto clamoroso – ovvero la scoperta di una “diffusa promiscuità” ai Miogni tra alcuni detenuti e alcuni agenti, con questi ultimi che alla fine tradiscono il loro giuramento di fedeltà allo Stato, secondo gli inquirenti, e si mettono sullo stesso piano dei criminali di cui dovrebbero essere guardiani.
L’ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Procura è stata confezionata dal giudice delle indagini preliminari di Varese Anna Giorgetti. In carcere, accusati a vario titolo dei reati di procurata evasione, corruzione, falso ideologico, minaccia e intralcio alla giustizia, sono finiti Francesco Trovato, 54 anni, Rosario Carmelo Russo, 45, Domenico Roberto Di Pietro, 57, Carmine Domenico Petricone, 28, e Angelo Cassano, 40 (quattro tuttora in servizio ai Miogni e uno nel carcere di Bollate). Mentre gli indagati a piede libero sarebbero nove (e tante sono state le perquisizioni eseguite in contemporanea agli arresti).
Nel corso di una conferenza stampa, la pm Palomba ha sortolineato il fatto che a indagare sugli agenti infedeli siano stati i loro stessi colleghi onesti: «La polizia penitenziaria – ha detto il procuratore – è stata capace di individuare i responsabili di questi reati e di raccogliere le prove alla base dell’ordinanza di custodia del gip. E questo perché per alcuni agenti corrotti e disonesti ce ne sono moltissimi che svolgono un lavoro non facile con responsabilità e senso del dovere».
Quindi è toccato al comandante della polizia penitenziaria di Varese, il commissario Alessandro Croci, spiegare con quali difficoltà si sia indagato in un «luogo chiuso ed ermetico» come i Miogni. Gli inquirenti hanno subito sospettato che il 21 febbraio 2013 qualcuno avesse agevolato l’evasione di Victor Sorin Miclea, Daniel Parpalia e Marius George Bunoro.
Dopo aver segato le sbarre della finestra della loro cella, i tre seguirono infatti un percorso ben preciso in una parte della casa circondariale che in teoria non avrebbero dovuto conoscere, come se avessero avuto in testa una «mappa» trasmessa da qualcuno. E in seguito furono scoperti contatti telefonici, precedenti all’evasione, tra un agente e la fidanzata di uno dei tre romeni.
Di qui un lavoro paziente e certosino (il pm Palomba ha effettuato anche una rogatoria in Romania), con analisi di tabulati telefonici e raccolta di testimonianze (della donna di cui si è detto, degli stessi evasi e di colleghi degli agenti), che alla fine ha permesso di ricostruire una vicenda ai limiti dell’incredibile, con lime nascoste nei cracker e un telefono infilato nelle parti intime della fidanzata di un detenuto, l’allarme evasione “rinviato” di due ore e mezza e telecamere oscurate.

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