Sventata evasione dal carcere di Canton Mombello: mancava solo la lima

cordatesaSventata evasione dal carcere di Canton Mombello. Mancava la lima, poi il copione della perfetta evasione sarebbe stato rispettato alla lettera. Invece, nella versione 2.0 della fuga senza sbavature, la lima era stata sostituita da una scheda sim funzionante ed un telefonino collegato ad un pacco batterie un po’ artigianale: fatto con le pile che normalmente si utilizzano per alimentare le torce elettriche. Aggiungerci una corda realizzata facendo a brandelli alcune lenzuola che, essendo lunga 4 metri, all’occorrenza avrebbe potuto essere preziosa nel «salto» oltre il muro del carcere di Canton Mombello e il ritrovamento lascia spazio a pochi dubbi: probabilmente quel materiale serviva per una evasione.

A pensarlo sono gli uomini della Polizia Penitenziaria del penitenziario cittadino(che, dopo i trasferimenti di fine anno, ospita poco più di trecento detenuti, un numero di reclusi mai così basso e molto vicino alla soglia di tolleranza). Gli agenti nei giorni scorsi hanno dato corpo ad alcuni sospetti, che li avevano messi sulle piste di un gruppo di detenuti di nazionalità albanese ospitati in due celle. Quando i dubbi che il gruppo avesse qualcosa da nascondere si sono fatti più concreti è scattata la perquisizione straordinaria nelle due celle.
Le sorprese sono arrivate da un più attento esame dei mobiletti utilizzati per conservare effetti personali e alimenti. Scavati all’interno delle pareti in legno degli armadietti, erano stati ricavati alcuni vani dove era stata nascosta una corda lunga quattro metri realizzata con l’utilizzo di alcune lenzuola.

Subito è scattata per i detenuti coinvolti – in tutto sei, sette persone destinate ad essere trasferite ad altri penitenziari – una denuncia alla magistratura per tentata evasione. Le indagini comunque proseguono per cercare di capire, ad esempio, come il telefono cellulare abbia potuto eludere i controlli che vengono effettuati sia sui generi di conforto che vengono recapitati dalle famiglie ai detenuti, sia sulle persone che, a qualunque titolo, varcano le porte del penitenziario per accedere alle sezioni di detenzione (l’uso dei cellulari dentro il carcere non è consentito, ad esempio, nemmeno agli avvocati). Non è la prima volta che proprio durante i controlli gli uomini della Polizia Penitenziaria intercettano oltre a piccoli quantitativi di droga, anche cellulari occultati all’interno di vestiario e alimenti (è dei giorni scorsi la notizia che nelle carceri del Regno Unito nel 2012 i cellulari trovati dagli agenti sono stati addirittura 7 mila).

Non è nemmeno la prima volta che, dopo l’evasione riuscita del febbraio di due anni fa (il detenuto di origine kosovara che era riuscito a saltare il muro di cinta è ancora uccel di bosco), gli agenti bloccano sul nascere un tentativo di fuga: nell’aprile scorso un recluso moldavo era stato bloccato dopo aver saltato il primo muro di cinta della sezione detentiva e poco tempo fa durante una perquisizione erano stati sequestrati degli utensili che avrebbero potuto essere preziosi per favorire un’evasione. Gli esiti della perquisizione sono stati accolti con una certa soddisfazione dalla dirigenza del carcere e agli agenti protagonisti dell’operazione sono arrivati i complimenti del Sindacato nazionale di Polizia Penitenziaria.

Corriere.it

Il suicidio di un detenuto a Parma (il terzo caso dall’inizio dell’anno), un’aggressione a tre poliziotti a Prato e la protesta di un altro detenuto ad Alessandria, salito per protesta sul tetto del carcere. Sono i tre “gravi eventi critici” avvenuti nell’arco di poche ore e segnalati da Donato Capece, leader del sindacato della polizia penitenziaria Sappe. “La situazione resta allarmante nelle nostre carceri. Quello di oggi a Parma è il terzo suicidio di un detenuto in un carcere italiano. Segue quelli di Roma-Rebibbia e Ivrea. Alla luce degli accadimenti che stanno attraversando le dinamiche penitenziarie in questo ultimo periodo occorre rivedere il sistema dell’ esecuzione penale il prima possibile, altro che vigilanza dinamica nelle galere”, commenta Capece. “Quella del suicidio è una notizia triste, che colpisce tutti noi che in carcere lavoriamo in prima linea, 24 ore al giorno. Ed è una sconfitta per lo Stato che a morire sia una persona in attesa di giudizio. Ma in poche ore abbiamo registrato una grave aggressione ai poliziotti della Penitenziaria a Prato, feriti da un extracomunitario che ha dato in escandescenza, e un altro detenuto straniero salito sul tetto del carcere di Alessandria per protesta, nonostante recentemente fossero stati spesi ben 16mila euro per una fantomatica ‘messa in sicurezza’”. La situazione, sottolinea il Sappe, “resta grave: ma va detto che il Parlamento ignora colpevolmente il messaggio del Capo dello Stato dell’8 ottobre, che chiedeva alle Camera riforme strutturali per il sistema penitenziario a fronte dell’endemica emergenza che tra l’altro determina difficili, pericolose e stressanti condizioni di lavoro per gli Agenti di Polizia Penitenziari. Addirittura il Capo del Dap, Tamburino, che nostro malgrado è anche Capo della Polizia Penitenziaria, ha avuto l’ardire di sostenere che l’Italia non sarà in grado di adottare entro maggio 2014 quegli interventi chiesti dall’Unione Europea per rendere più umane le condizioni detentive in Italia”. Capece rileva le criticità delle carceri italiane: “Nei 206 penitenziari del Paese il sovraffollamento ha raggiunto livelli patologici, ma il Capo Dap Tamburino alza le mani di fronte alla sentenza Torreggiani. Il nostro organico è sotto di 7.000 unità. La spending review e la legge di Stabilità hanno cancellato le assunzioni, nonostante l’età media dei poliziotti si aggira sui 37 anni. Altissima, considerato il lavoro usurante che svolgiamo”. Fonte: ANSA

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