Ha passato quattro anni in carcere per un reato di opinione la giovane blogger siriana Tal Mallouhi. Ora finalmente è tornata in libertà.
La liberazione della ragazza, condannata nel febbraio 2011 a cinque anni di prigione con l’accusa di spionaggio, è avvenuta nell’ambito del rilascio di un numero ancora imprecisato di donne siriane, detenute politiche nelle carceri del regime di Damasco, avvenuto in cambio della liberazione di nove libanesi sciiti catturati nel maggio 2012 da miliziani siriani e di due piloti turchi rapiti da miliziani libanesi nell’agosto scorso. Uno scambio di prigionieri che ha visto coinvolti anche i servizi di sicurezza turchi, qatarini e libanesi.
Nipote di un ex ministro siriano che aveva fatto parte di alcuni governi sotto Hafez al-Assad, defunto padre dell’attuale presidente, Malluhi era stata arrestata nel dicembre 2009, ad appena 19 anni: la più giovane prigioniera di coscienza al mondo. Originaria di Homs, città ormai semi distrutta dalla guerra in corso in Siria, Malluhi era stata accusata e ritenuta colpevole di aver lavorato come spia per la Cia. A inchiodare la blogger – secondo quanto scrisse la stampa siriana – erano stati alcuni suoi scritti, apparsi su tre diversi blog ospitati da Blogspot (piattaforma poi oscurata dal regime) a favore della questione palestinese, del premier turco Tayyip Erdogan, del movimento radicale palestinese Hamas, e altri critici dell’ex presidente americano George W. Bush, che la Malluhi aveva associato a Hitler. Secondo l’accusa avrebbe diffuso informazioni a uno Stato straniero, collaborando con l’ambasciata americana in Egitto. Finita in manette, Tal era stata trascinata in tribunale con gli occhi bendati e le manette. Poi la condanna a cinque anni.
Qatar, Turchia e Libano insieme per liberare le donne rinchiuse nelle carceri di Assad
Nei giorni scorsi il regime ha accettato di rilasciare 64 delle 128 attiviste ribelli rinchiuse nel carcere di Adra (Damasco). Le altre prigioniere dovrebbero essere liberate nel fine settimana. Intanto l’Arabia Saudita, principale nemico di Assad, minaccia di arrestare tutte le donne alla guida di un auto.
Damasco (AsiaNews/ Agenzie) – Le pressioni di Turchia, Qatar e Libano spingono Damasco a rilasciare 64 donne da oltre un anno imprigionate nel carcere di Adra a nord-est della capitale. Il gesto di clemenza fa parte di un accordo fra regime siriano e autorità di Beirut, Doha e Ankara che prevede entro la fine di questa settimana la liberazione di altre 64 donne arrestate in questi anni di guerra per legami con i ribelli. Il primo gruppo di donne è stato liberato ieri. La maggior parte sono siriane della provincia di Damasco.
Sima Nassar, attivista per i diritti umani impegnata nella mediazione, afferma che “le autorità siriane hanno ordinato ad alcune prigioniere di lasciare il territorio siriano, mentre altre avranno la possibilità di restare”. Fra di loro vi sono due palestinesi e una libanese e una donna siriana: quest’ultima in carcere perché parente di due dissidenti. Il resto delle donne liberate dalla famigerata prigione di Adra sono operatrici umanitarie. Secondo la Nassar una di esse è vedova e malata di cancro.
L’impegno di Turchia e Qatar per le donne siriane è in netto contrasto con la posizione sul tema dell’Arabia Saudita, principale alleato dei due Paesi nella guerra contro Assad. La monarchia, che di recente ha rifiutato un seggio come membro non permanente al Consiglio di sicurezza Onu accusato di non fare nulla per la Siria, attua in patria politiche molto simili a quelle della dittatura siriana.
In questi giorni ha fatto discutere la presa di posizione delle autorità saudite contro la campagna “driving campaign” – firmata da oltre 16mila persone attiviste – che si batte per chiedere al governo la possibilità di guidare l’automobile, proibito per il sesso femminile, perché contro la legge islamica. Le organizzatrici dell’iniziativa hanno programmato per domani un atto dimostrativo che porterà migliaia di donne a scendere in strada con le proprie auto. Oggi il ministero dell’Interno ha messo in guardia chi aderisce alla protesta, annunciando che nessuna violazione della legge sarà tollerata. In una manifestazione simile organizzata nel 2011 le autorità hanno arrestato le attiviste Manal al Sharif e Sheima Jastaniah. La prima è stata rilasciata dopo dieci giorni. La seconda, condannata a dieci frustate, è stata graziata dal re Abdullah.