Li chiamavano «monaci», per via delle larghe tute mimetiche che indossavano, sotto le quali nascondevano cinte e bastoni.
Vere e proprie squadre di punizione che agivano in silenzio e molto spesso di notte, per colpire i detenuti del carcere di Sulmona. La scioccante rivelazione è stata fatta questa mattina da un collaboratore di giustizia, sottoposto a regime di protezione rinchiuso nel carcere di Torino, dove sta scontando l’ergastolo, chiamato a testimoniare in un processo in cui è imputato Francesco Sciarrotta, agente di polizia penitenziaria di 45 anni del Gruppo operativo mobile (Gom) di Roma. L’agente è accusato di lesioni aggravate nei confronti di un detenuto, per fatti che si sarebbero svolti nell’ottobre del 2007. Nel corso dell’udienza che è durata alcune ore e che si è svolta a porte chiuse, il collaboratore di giustizia ha raccontato con dovizia di particolari, numerosi episodi di presunti maltrattamenti messi in atto, dai cosiddetti «monaci» nei confronti dei detenuti, ai quali avrebbe assistito durante la sua permanenza nella sezione gialla del carcere di Sulmona riservata ai collaboratori di giustizia. Rivelazioni che hanno indotto il difensore della parte civile, l’avvocato Cinzia Simonetti, a chiedere al giudice Ciro Marsella, la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica, affinchè venga approfondita la veridicità delle dichiarazioni del testimone, in ordine all’esistenza di una presunta squadra di picchiatori. Anche perchè nel corso della deposizione.
23/06/2013