Locali di contenimento separati per le persone più problematiche, gabbie nelle gabbie, eufemisticamente chiamate “moduli idonei a ospitare persone dall’indole non pacifica”. Poteri speciali ai prefetti, ai questori o a commissioni miste di disciplina, in una sorta di Guantanamo all’italiana. L’introduzione di una aggravante specifica per i reati commessi all’interno delle strutture, quelle che qualcuno chiama “lager” e “porcili”.
Altro che chiusura definitiva dei Cie, i centri di identificazione ed espulsione per stranieri irregolari contestati da associazioni di base, parlamentari, giuristi, osservatori. Macché riforma radicale della legge Bossi-Fini e della macchina delle espulsioni. Sette tra prefetti e alti dirigenti del Viminale, quelli che stanno nei posti chiave dell’apparato e hanno ispezionato le 13 strutture italiane, pensano ad altro, in direzione contraria.
I desiderata dei funzionari romani emergono dal Documento programmatico sui Cie commissionato nel 2012 dal ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri e diffuso in anteprima dalla parlamentare bolognese del Pd Sandra Zampa, preoccupata e critica sui contenuti. “Alcune conclusioni che emergono dal dossier – dice l’onorevole – fanno rabbrividire e dovrebbero interrogare tutti”.
“La totale assenza di attività all’interno dei centri – ammettono e scrivono gli autori del Documento, coordinati dal sottosegretario Saverio Ruperto – comporta un aumento di aggressività e malessere, che si traduce in un aumento di episodi di tensione tra immigrati trattenuti e forze dell’ordine”.
Ma la soluzione proposta viene ritenuta inaccettabile da Zampa: “Anziché prevenire le cause di frustrazioni e aggressività, dovute anche alle condizioni di trattenimento, non umane, si inventano le celle di isolamento”. Non solo. La task force della Cancellieri pensa anche all’introduzione di un aggravante specifica per i reati commessi all’interno dei Cie, e attribuzione di poteri speciali a prefetti e questori o a “consigli di disciplina creati ad hoc”.
Sandra Zampa mette criticamente l’accento anche su un’altra questione delicata. La gestione delle strutture. “Abbiamo visto i guai fatti dal consorzio l’Oasi nei Cie di Bologna e di Modena, e gli effetti negativi pesanti provocati dalla drastica riduzione delle rette giornaliere, crollate da quasi 70 euro a 28-29 euro per trattenuto: azzeramento dei servizi, mancato rispetto dei capitolati d’appalto, persone tenute in condizioni non umane, carenza di tutto”. I big del Viminale, nell’ottica dell’efficienza e del risparmio, virano verso l’idea di un solo gestore nazionale per le 13 strutture. Sottosegretario e consiglieri ritengono “ragionevole una modifica normativa che riduca il tempo massimo di permanenza a dodici mesi”, al posto degli attuali 18 mesi, “sempre troppi” per la parlamentare. Il motivo? La constatazione che “è trascurabile il numero di stranieri identificati dopo un anno di permanenza”.
A possibili tagli dei centri, dai quali si riescono effettivamente a espellere metà dei trattenuti, non si fa cenno esplicito. Anzi. La task force propone la revisione della loro dislocazione sul territorio, la “eventuale creazione di nuove strutture” e “la concentrazione nelle città in cui ci sono ambasciate e consolati maggiormente interessati al fenomeno migratorio”.