Un anno fa Nadezhda Tolokonnikova, Maria Alyokhina e Yekaterina Samutsevich fanno irruzione nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca per invocare una preghiera punk contro Putin. Dodici mesi dopo, due su tre sono ancora in carcere per “teppismo motivato da odio religioso” mentre Samutsevich è libera e afferma: “Non ho nessun rimpianto per quello che abbiamo fatto”.
UN ANNO DI PUSSY RIOT – “Punk Prayer” è il nome della canzone urlata all’interno del luogo sacro per eccellenza russo che è costato la condanna a due anni di reclusione a Nadja e Marja, mentre lo scorso ottobre Katja ha ottenuto una sospensione della pena, tramutata in arresto domiciliare. Le ragazze sono accusate di aver offeso i sentimenti religiosi dei russi.
Madre di Dio, Vergine, caccia via Putin!
Caccia Putin, caccia Putin!
Sottana nera, spalline dorate.
Tutti i parrocchiani strisciano inchinandosi.
Il fantasma della libertà è nel cielo.
Gli omosessuali vengono mandati in Siberia in catene.
Il capo del Kgb è il più santo dei santi.
Manda chi protesta in prigione.
Questa è la traduzione di parte del testo che inneggia alla cacciata di Putin e risulta privo di sentimenti antireligiosi. L’invocazione alla Madonna è mossa, in senso metaforico, affinché “Mandi via Putin”. Il destinatario della protesta delle Pussy Riot è il presidente russo e non una rivoluzione religiosa ma tant’è.
POST – “Molte persone che non ne sapevano nulla hanno cominciato a interessasi al problema: il problema della nostra società, della Chiesa russa” ha detto Samutsevich in un’intervista all’Associated Press. Perché tanto odio verso Putin? E perché no, viene da rispondere se solo si guarda a cosa succede all’interno dei confini russi ma il presidente Putin tramite la testata filogovernativa “Izvestia” fa sapere che nelle colonie penali di massima sicurezza “va tutto bene”.
VITA IN CARCERE – Nadja passa le giornate a cucire dalle 6 del mattino alle 17 del pomeriggio perché la polizia russa ha un bisogno costante di guanti e uniformi e così sarà per due anni ma Izvestia non presta molto attenzione alla cosa e si lascia andare a descrizioni: “Le immagini mostrano che le ragazze non vivono alcun disagio in prigione – e ancora – Alyokhina ha avuto una camera con solo tre persone, nonostante fosse progettata per dodici. Ha la tv e la doccia”. Praticamente, secondo la testata filogovernativa, le ragazze stanno facendo una vacanza, peccato per il freddo altrimenti ci avrebbero parlato anche della tintarella. A differenza di quanto i media ufficiali vorrebbero far passare, Alyokhina ha dichiarato “I bisogni si devono fare all’aperto e sotto gli occhi di tutti” ma questo è niente perché dopo le settimane passate in queste condizioni, Nadja è finita in ospedale sfinita dai lavori forzati (il link al pezzo): dopo l’appello dello scorso ottobre, Nadja è stata spedita in Mordovia. “Si è lamentata a lungo del suo stato di salute e finalmente hanno preso la decisione di spostarla in una vicina prigione dove almeno c’è un ospedale”, è ancora Katja a raccontare delle condizioni delle ragazze. Il problema non è lavorare ma il non lasciarla riposare – ha spiegato Samutsevich ricordando che – le danno ordini da eseguire giorno e notte. Si lamenta dell’enorme fatica”. Nadja prima di essere preda degli atroci mal di testa ha dichiarato: “Tutta questa vicenda è stata creata a tavolino dai mass media che ci descrivono come delle bestemmiatrici, teppisti o Dio solo sa che cosa. Il nostro gesto è stato visto come un’espressione di ateismo militante e questa interpretazione mi addolora”. Nel frattempo Marja la combina proprio grossa in carcere, perché non avendo la sveglia nella cella si permette addirittura di non svegliarsi per tempo alle 6 del mattino: “Masha è in cella di isolamento, non può avere una sveglia lì secondo le disposizioni del carcere, è ovvio che le risulta difficile non alzarsi per tempo” ha detto Verzilov, marito di Nadja.
DIRITTI ? – Le pericolose Pussy Riot in carcere, entrambe mamme, sono ricorse alla Corte di Strasburgo per denunciare la violazione di diverse disposizioni della Convenzione dei diritti dell’uomo che dovrebbe invece garantire (ne abbiamo parlato qui): libertà personale, libertà di espressione, diritto a un processo equo e divieto di tortura. Le ragazze sostengono che i loro diritti durante il processo nel tribunale di Mosca non sono stati rispettati. “Se non avessero infranto la legge ora avrebbero a che fare con le faccende di casa o con i lavori di sempre” le parole di Putin pronunciate lo scorso ottobre che vuoi o non vuoi, ricordano quelle usate per definire l’avvelenamento di Litvinenko “i medici britannici non hanno mai collegato il decesso alla conseguenza di una violenza – poi sorridendo ha aggiunto – Il signor Litvinenko, sfortunatamente, non è Lazzaro”. Durante il processo, Tolokonnikova ha dichiarato:
Essenzialmente, non sono le tre cantanti Pussy Riot ad essere sotto processo, perché se così fosse quello che sta accadendo sarebbe totalmente insignificante. Questo è un processo all’intero sistema politico della Federazione Russa che, sfortunatamente, gode nel mostrare crudeltà nei confronti degli esseri umani e indifferenza verso l’onore e la dignità, ricordando tutti i peggiori momenti della storia russa fino ad oggi. Con profondo dispiacere, questo processo farsa si avvicina agli standard delle troike staliniane. E così anche noi abbiamo l’inquisitore, il giudice e il procuratore. E ancora, l’atto repressivo determinato da tutto quello che queste tre figure decidono, dicono e fanno è dettato da ordini politici che vengono dall’alto. Cosa c’era dietro la performance nella Cattedrale di Cristo Salvatore e dietro il nostro successivo processo? Niente di più che il sistema politico autocratico
Durante le indagini, le ragazze sono state sottoposte anche a esami psicologici
“Eccoci qui. Né io, né Alyokhina, né Samutsevich abbiamo mostrato di nutrire emozioni forti e radicate o altri fattori psicologici interpretabili come odio verso qualcosa o qualcuno. Quindi: “Aprite tutte le porte, toglietevi tutti i gradi e le medaglie. Venite ad assaporare la libertà con noi”
In carcere non ci sono solo le Pussy Riot ma l’intera ‘democrazia’ russa, il cui imbarazzo è stato reso pubblico il giorno della morte di Anna Politkovskaja. Non a caso, moltissimi personaggi dello spettacolo e politici hanno appoggiato la causa delle ragazze dal passamontagna colorato partendo da Sting, Madonna, Lady Gaga, Yoko Ono ai Red Hot Chili Peppers e così via. Due anni di carcere per “aver violato l’ordine pubblico, disturbato la quiete dei cittadini e insultato profondamente le convinzioni dei cristiani” le parole di Marina Syrova, la giudice che ha firmato la loro condanna.