LECCE – E’ stata archiviata la posizione dei 18 tra medici e paramedici in servizio presso il carcere di Lecce accusati di omicidio colposo per la morte del detenuto rumeno 35enne Cristian Virgil Pop deceduto il 13 maggio di due anni fa all’ospedale “Vito Fazzi” dopo aver effettuato lo sciopero della fame per 56 giorni consecutivi all’interno di “Borgo San Nicola”.
E’ quanto deciso dal giudice per le indagini preliminari Annalisa De Benedictis che ha recepito le conclusioni del pubblico ministero Carmen Ruggiero sulla scorta di una consulenza eseguita dai medici legali Roberto Vaglio ed Ermenegildo Colosimo.
I consulenti hanno accertato come il detenuto rumeno, sin dal suo ingresso in carcere, abbia perseguito il proposito di ottenere il riconoscimento di una condizione di salute incompatibile con il regime carcerario con lucida determinazione tanto da fingere disturbi allucinatori attestati dalla psicologa. Dalla documentazione sanitaria sequestrata, poi, sarebbe emerso che ogni qualvolta le condizioni di salute di Pop peggioravano il personale medico del carcere disponeva il trasferimento del detenuto in ospedale che il 35enne, nonostante l’autorizzazione del magistrato di sorveglianza, rifiutava puntualmente.
Dalla lettura degli atti, è stato accertato come gli stessi medici abbiano sempre manifestato al recluso i rischi che sarebbero derivati sulla sua salute se avesse continuato ad astenersi dall’ingerire cibo o bevande. Pertanto i consulenti concludevano il proprio elaborato svrivendo che la morte del detenuto “non è stata causata da condotte censurabili dei medici indagati ma dalla lucida e consapevole determinazione di Pop di non alimentarsi perseguita rifiutando categoricamente anche con gesti violenti le terapie di sostegno proposte”.
Il cittadino di nazionalità rumena era entrato nel carcere di Lecce il 22 ottobre del 2011 condannato con varie sentenze a 21 anni ed 8 mesi di reclusione per numerosi episodi di rapina, furto, lesioni personali. Più volte aveva iniziato e sospeso lo sciopero della fame e della sete e dal 15 marzo al 22 marzo di due anni fa aveva anche rifiutato la terapia farmacologica proseguendolo fino alla morte. Scattò subito un esposto dei familiari del detenuto mentre l’allora ministro della Giustizia, Paola Severino, dispose un’ispezione all’interno del carcere di Lecce in quel periodo ancora più alle prese con l’emergenza sovraffollamento.