O libertà, o…

diffondiamo da macerie

Domenica mattina durante il mercato abusivo di piazza dalla Repubblica, sono stati distribuiti questa locandina e il volantino di cui riportiamo il testo. Diversi passanti si sono fermati ad ascoltare gli interventi che si alternavano al microfono, per ricordare il recente suicidio di un detenuto nel carcere delle Vallette a Torino. web_o_liberta_o_morte.jpg   Abdul Murat, un giovane algerino di 25 anni, si è impiccato alle sbarre della sua cella del carcere delle Vallette di Torino la notte tra domenica e lunedì 11 novembre 2013. È morto perché un giudice lo aveva appena condannato a sette mesi di galera per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Non conoscevamo Abdul, ma conosciamo bene l’aria che si respira dentro una prigione: un’aria soffocante, la stessa aria che si respira nei quartieri pattugliati dalla polizia. Non sappiamo perché Abdul sia stato condannato, ma sappiamo che una denuncia per resistenza vuol dire che la polizia ha dovuto – o voluto – picchiarti per riuscire ad arrestarti. Proprio come è successo il 2 novembre scorso in via Monte Rosa, nella Barriera di Milano. Non ci interessa se ci sarà un’inchiesta sulla sua morte, perché nessun giudice sentenzierà mai la più tragica delle banalità: di carcere si muore. Non abbiamo più lacrime per piangere, perché quello di Abdul è purtroppo solo l’ultimo, per ora, di una serie di decine di morti dietro le sbarre, una vera e propria strage di Stato. Ma ci sono per fortuna delle prigioni dove tira un’aria diversa. Nelle prigioni per stranieri senza documenti, per certi versi «peggio della galera» secondo chi le ha vissute entrambe, sempre più spesso il fuoco delle rivolte e il vento delle evasioni offrono un’altra via d’uscita dall’isolamento e dalla disperazione: la lotta per la libertà. I ministeri degli Interni e della Giustizia fanno pagare un caro prezzo a chi, nelle prigioni e nelle strade, resiste al loro gelido pugno di ferro. Un prezzo fatto da trasferimenti, arresti, ancora galera, e a volte la morte, come il prezzo pagato da Abdul. Non conoscevamo Abdul, così come non conosciamo tutti gli internati e tutti i giustiziati dallo Stato. Ma è come se li sentissimo tutti gridare, nelle prigioni e nelle strade, «o libertà, o morte!» Scarica, stampa e diffondi la locandina in formato A3, e il volantino in formato A5 macerie @ Novembre 18, 2013


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