Danneggiato dopo il decesso “per un malore” di un cittadino marocchino. Poco tempo fa un giudice ha definito la struttura “inadatta ad accogliere esseri umani”
Roma – 19 agosto 2013 – Il Centro di Identificazione ed Espulsione Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto (Crotone) è chiuso da una decina di giorni per i danni subiti durante una rivolta. I cinquanta migranti detenuti al suo interno sono stati trasferiti in altri Cie.
La rivolta è scoppiata dopo la morte di uno degli “ospiti”, Moustapha Anaki, cittadino marocchino di 31 anni, in attesa di rimpatrio dopo aver scontato una pena in carcere a Salerno. Alla prefettura di Crotone, sulla base di quanto riferito dalla Questura e dalle “Misericordie d’Italia”, ente gestore del Centro, parlano un “malore” e quindi di morte “per cause naturali”.
Medici per i Diritti Umani ha visitato il Cie di Isola Capo Rizzuto all’inizio dell’anno, definendolo “largamente inadeguato a garantire una permanenza dignitosa dei reclusi”. Nel rapporto Arcipelago CIE, l’associazione denuncia “la grave carenza di spazi ed attività ricreative, la mancanza di un regolamento interno e di una carta dei diritti e dei doveri per i trattenuti, la sostanziale assenza di organizzazioni ed enti di tutela esterni” e parla di un “livello di tensione all’interno del centro preoccupante”.
Lo scorso dicembre un giudice del tribunale di Crotone ha assolto tre cittadini stranieri protagonisti di una delle tante rivolte scoppiate nel Cie. Nella sentenza il magistrato ha parlato di strutture ”al limite della decenza”, “non convenienti alla loro destinazione: che è quella di accogliere essere umani”, sostenendo che gli imputati sono stati vittima di “offese ingiuste”, alle quali hanno opposto una “legittima difesa”.