LA CRITICA QUOTIDIANA – Dalle pagine di Repubblica di oggi, Adriano Sofri affronta un argomento molto delicato e complesso, di forte impatto emotivo: la nascita e crescita di bambini in carcere. Figli di madri detenute, trascorrono i primi tre anni della loro vita dietro alle sbarre, in un ambiente che agli occhi di un bambino appare come la normalità. Il filo conduttore dell’intero articolo sono due libri, “Mamma è in prigione” di Cristina Scanu e “Il corpo docile” di Rossella Postrino.
BIMBI DIETRO LE SBARRE – E’ un argomento spesso dimenticato quello trattato da Adriano Sofri. Se di carceri si parla, è di solito per denunciare le difficili condizioni in cui versano le prigioni maschili. Ma, nonostante la percentuale di donne detenute si attesti intorno al 5%, quello dei bambini in carcere costituisce un dramma considerevole. La legislatura attuale prevede che le madri possano tenere con sé i loro bambini sino all’età di 3 anni. Un provvedimento che vedrà la sua attuazione nel 2014 vuole un innalzamento dell’età sino a 6 anni. Si tratta indubbiamente di un passo avanti rispetto alla separazione di mamme e bambini alla nascita, ma questo resta innegabilmente un argomento di discussione e riflessione poiché, come affermato dallo stesso Sofri, “Disadatte a donne, le prigioni lo sono più sciaguratamente ai bambini”.
I LIBRI DI CRISTINA SCANU E ROSSELLA POSTRINO – Il primo libro trattato nell’articolo è “Mamma è in prigione”, un testo sulle carceri femminili, scritto da Cristina Scanu. “Il libro ha il merito di occuparsi dell’intero universo penitenziario femminile, agenti, direttrici, educatori, volontarie”. Il messaggio che emerge dalle pagine del libro e dalla critica di Sofri è l’insensatezza della prigione per mamme e bambini. Anche Rossella Postrino con il suo “Il corpo docile” ha voluto trattare il medesimo argomento, visto però dagli occhi dei bambini; si tratta di un libro sulla nascita e l’infanzia in carcere. Come sottolineato dallo stesso Sofri, entrambe le autrici hanno scritto i loro romanzi dopo aver avuto un’esperienza diretta, a stretto contatto con quella realtà così dura e complessa. “La protagonista di Postrino, Milena, è nata in carcere, da una madre mite e tradita che tentò maldestramente di uccidere il marito”. Milena non riesce più ad acquisire una propria identità, quasi come questa fosse stata annientata nel lungo periodo di detenzione. Questa parola accostata a quella di fanciullo appare un ossimoro ma, come sostenuto da Sofri stesso “Se sei bambino, sconti la colpa di tua madre”. Il messaggio che emerge con forza dalle pagine della Postrino è la violazione e umiliazione dei corpi che avviene ai danni dei detenuti durante il periodo di reclusione, che non risparmia nessuno, neanche i bambini, vittime innocenti.