Torino – La storia di Florence

Stamattina Florence, mentre accompagnava i figli all’asilo nella fascia oraria di permesso giornaliero, è incappata nei soliti carabinieri addetti al controllo dei suoi arresti domiciliari. Non le hanno fatto “troppe cerimonie” come quando qualche giorno fa le hanno messo le mani addosso per intimarle di lasciare la casa sotto sfratto in cui abita, ma con fare vago le hanno detto di recarsi alla stazione di c.so Regio Parco per alcune notifiche. Lei coscienziosamente si è preoccupata di doversi recare nella tana di costoro e ha espresso le sue perplessità.

“Non si preoccupi signora, deve solo parlarle il maresciallo Capobianco. Stia tranquilla anche se sfora il suo orario di permesso di uscita, lasci i bambini a scuola e passi in caserma”, le è stato risposto.

Ha capito subito che c’era poco da star tranquilla.

Se non poteva far altro che andarci, ha pensato bene di farlo accompagnata da sua sorella e dopo aver avvisato di ciò che stava accadendo qualche complice dell’assemblea contro gli sfratti. Da quella caserma infatti Florence è uscita su un’auto diretta al carcere delle Vallette mentre alla porta di casa sua veniva cambiata la serratura e portata a termine la procedura di sfratto. Ebbene sì per signor Molino, proprietario dell’intero palazzo, gli sfratti sono prêt-àporter, anche quando c’è di mezzo una detenzione ai domiciliari come in questo caso. 

Alla notizia della traduzione in carcere di Florence, suo marito accompagnato da qualche solidale si è recato all’asilo per un ultimo saluto ai figli; non avendo i documenti in regola non può tenerli lui e dunque anche loro finiranno in carcere con la madre. Ad aspettare fuori dall’istituto per l’infanzia si sono aggiunti presto carabinieri e agenti della Digos, del resto si sa, quando le persone danno dimostrazione di non essere sole e di non subire inermi, le forze dell’ordine acuiscono il controllo. Raccapricciante vedere là davanti i borghesi sghignazzarsela tranquilli mentre i carabinieri portavano i bambini in una patria galera perché la mamma è stata sfrattata.

Qualcuno gli ha urlato quanto facciano schifo – ben poco si dirà – ma non è male ricordarglielo soprattutto in queste occasioni.

Di cosette da dire a loro, a Molino e a chi lavora affinché le persone vengano cacciate di casa ce ne sarebbero molte di più.

Proprio per questo e alla luce di ciò che è accaduto oggi non possiamo che rilanciare l’appuntamento già dato davanti alla sede degli Ufficiali Giudiziari, ma anticipandolo di una settimana: venerdi 27 ottobre alle ore 10 in  in corso Vittorio Emanuele 127.

Intanto, per sostenere Florence, scriviamole:

FLORENCE ASOWATA

C/o casa circondariale Lorusso e Cutugno

Via Maria Adelaide Aglietta 35

10151 Torino

macerie @ Ottobre 25, 2017          https://www.autistici.org/macerie/?p=32826

Cosa era successo prima

Il tetto sopra la testa a rischio, che sia una procedura in corso di sfratto o di pignoramento, spesso non è che la punta di un grosso iceberg che in tanti si trascinano dietro nelle periferie della città.

Salta il lavoro, viene diagnosticata una malattia, il compagno o la compagna se ne va, arrivano guai giudiziari da scontare. Per chi non ha riserve non è concesso avere imprevisti. Spesso questi rappresentano l’ultimo colpo che avvia un effetto domino, un peggioramento esponenziale delle già precarie condizioni di vita, fino alla deriva di quell’iceberg di problemi.

Vicissitudini che accomunano molti – si diceva – e che sentiamo quotidianamente dagli uomini e dalle donne con cui decidiamo di lottare, per quanto pensiamo che l’obiettivo sia elaborare percorsi di conflitto comuni, allargare la prospettiva dal personale alla complicità di classe senza necessariamente far emergere la particolare vicenda di qualcuno.

Ci sono tuttavia storie che sono un vero groviglio di rogne e che sono esemplificative della condizione in cui si può finire nell’ambiente urbano dell’atomizzazione, della marginalità e dello sfruttamento. Come la storia capitata in via Casella, nella Barriera, a due passi da piazza Respighi, all’interno di un’intera palazzina che è stata venduta e i cui inquilini sono finiti sotto sfratto nel cambio di proprietà.

Primo elemento “pittoresco”: il nuovo proprietario è il noto Molino.

Florence e la sua famiglia vivono nel condominio e hanno continuato a pagare l’affitto, regalando soldi alla proprietà, nonostante la procedura di sfratto avviata e l’ufficiale già alla porta per incitarli ad abbandonare l’alloggio. Pensavano di assicurarsi del tempo in più perché lei è agli arresti domiciliari, è incinta e ha problemi di documenti, questione quest’ultima che gli ostacola nettamente la possibilità di trovare un nuovo alloggio. Perdere la casa vorrebbe dire per lei andare a finire in carcere accompagnata dal figlio più piccolo che non supera i tre anni, mentre la figlia, poco più grande, sarebbe affidata ai servizi sociali.

A rendere più parossistica la situazione è l’evento accaduto venerdì scorso: quattro giorni prima dell’annunciata data di rinvio dello sfratto, l’ufficiale giudiziario Rosaria De Luca, una che va in giro a sfrattare le persone con un cappotto colorato con dietro scritto “Happy Life”, si è presentata di prima mattina all’appartamento di via Casella. Naturalmente non era sola ma accompagnata dai carabinieri addetti ai controlli nei domiciliari di Florence. Sono loro ad averla minacciata di liberare immediatamente la casa e dopo un diverbio di qualche minuto, un carabiniere l’ha strattonata e percossa. Dopo varie chiamate al padrone di casa, all’avvocato penalista che richiede a Florence di trovare in maniera solerte un altro alloggio, agli assistenti sociali che non hanno niente da offrirle perché è momentaneamente in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno e si colloca in un  bug normativo dove nessuna assistenza può iniziare a essere data, l’ufficiale giudiziario ha sottoscritto un rinvio fino al sette del mese prossimo.

Intanto Florence nel pomeriggio del giorno stesso si è recata al pronto soccorso a controllare l’effetto degli urti ricevuti e lo stato della gravidanza. Al termine del controllo ha scoperto che la vita del feto si è fermata, ma già da tre settimane. Non è colpa delle botte del carabiniere, molto probabilmente di un’altra violenza, quella quotidiana: essere chiusa in casa, dover crescere due bambini in reclusione, ricevere lo sfratto, scoprire di aver pagato mesi e mesi inutilmente dato che la procedura per morosità era già a sua insaputa partita, aver scelto di usare i pochi soldi racimolati per pagare l’affitto e non per mangiare meglio, rischiare di finire di nuovo in carcere.

Tutti questi elementi fanno covare una rabbia decisa e non solo per Florence, perché portano davanti agli occhi la guerra a bassa intensità, ma feroce, che colpisce una fascia di popolazione sempre più ampia.

Il 7 novembre, se polizia e ufficiale non dovessero arrivare prima a buttare Florence fuori casa e portarla in carcere, noi saremo sotto casa sua a resistere.

macerie @ Ottobre 19, 2017       https://www.autistici.org/macerie/?p=32821


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