Un tribunale di Nuadibyu, nel nord-ovest della Mauritania, ieri hacondannato a morte un giovane che aveva pubblicato lo scorso gennaio un articolo in cui criticava il profeta Maometto. La corte, un tribunale di prima istanza, ha deciso dopo più di sette ore di dibattito; e la sentenza è stata accolta con rumorose grida di gioia dal pubblico che partecipava all’udienza e anche con schiamazzi e raduni festanti nella città. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a morte per fucilazione, in accordo con la legge islamica. Il giovane è svenuto alla lettura della sentenza; poi è stato rianimato e condotto in prigione. Non è ancora chiaro se sia possibile il ricorso.
Il codice penale mauritano prevede la pena di morte per “tutti i musulmani che si fanno gioco di Allah, dei suoi angeli, dei suoi libri o dei suoi profeti”. In apertura del processo il giudice aveva sostenuto che l’accusato aveva parlato “con leggerezza del profeta Maometto”.
Mohamed Cheij uld Mjaitir, 28 anni, ha sempre sostenuto la sua innocenza e negato di aver voluto insultare il profeta. Il giovane, in carcere da un anno, appartiene ai ‘lemaalmine’ (fabbri), un gruppo tradizionalmente stigmatizzato nella società mauritana e considerato inferiore. Nell’articolo, apparso brevemente sul web, il giovane aveva scritto che “l’ingiustizia praticata oggi giorno contro il nostro gruppo era stata esercitata anche contro lo stesso profeta Maometto nella sua vita”; e aveva accusato la società mauritana di perpetuare “l’eredità di un iniquo ordine sociale”, spiegando di “non voler compromettere il profeta ma difendere uno strato della popolazione mal considerato e maltrattato”. Il tema delle caste è estremamente sensibile nel Paese, che ha abolito legalmente la schiavitù solo nel 1981 e ancora oggi ha la più alta percentuale al mondo di persone in condizioni sottomesse.
Nonostante sia prevista nel codice penale mauritano e emanata dal tribunali, l’ultima esecuzione in Mauritania risale al 1987