Sì della commissione giustizia di Montecitorio al provvedimento a firma Pd che rivoluziona la logica della custodia cautelare. Mentre la Corte Ue riconosce i passi avanti dell’Italia sul fronte carceri e respinge tutti i ricorsi.
Passo dopo passo, le politiche carcerarie vanno avanti. Certo, “c’è ancora molto da fare”, avverte il ministro Orlando che pure non nasconde la sua soddisfazione per la pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo che ha respinto tutti i ricorsi presentati da 3564 detenuti italiani contro il sovraffollamento degli istituti penitenziari. E questo grazie all’ultimo decreto leggi carceri e allo “svuota carceri” approvato lo scorso dicembre.
Obiettivo almeno in parte raggiunto quindi, tant’è che la Corte ha ritenuto sufficienti le misure introdotte dopo la sentenza Torreggiani del gennaio 2013 con la quale l’Italia veniva ritenuta colpevole di aver violato l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani (Cedu). Ciò che, dice il guardasigilli, “sancisce definitivamente la serietà e la correttezza messa in campo dal governo nell’affrontare la drammatica emergenza del sovraffollamento carcerario”.
Ad aiutare questo percorso di deflazione carceraria (e di riappropriazione di una cultura garantista) arriverà anche un altro provvedimento per certi versi “rivoluzionario”, la riforma della custodia cautelare licenziata oggi dalla commissione giustizia della camera e che andrà in aula lunedì prossimo.
Si tratta di un disegno di legge (a prima firma di Donatella Ferranti, Andrea Orlando, Danilo Leva, Anna Rossomando del Pd: quest’ultima relatrice con Carlo Sarro di Forza Italia) che rovescia, per così dire, la logica che fin qui ha caratterizzato la custodia in carcere come misura prioritaria, ora sostituita dagli arresti domiciliari ma ai quali può essere aggiunta tutta una serie di altre misure interdittive (come il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione).
Se le scorse legislature sono state segnate da ripetuti “pacchetti sicurezza” che mettevano in cima il carcere per ogni infrazione del codice, aggiungendo reati anche di nuovo “conio” (vedi l’immigrazione clandestina), ora si cambia. Ciò non vuol dire che la misura del carcere esce di scena: per i reati più gravi, di terrorismo e mafia, naturalmente, resterà obbligatorio. Ma anche negli altri casi, ove lo riterranno necessario, i gip potranno disporlo ma dovranno motivarlo in maniera più stringente. La riforma dovrà tornare in senato, prima dell’approvazione definitiva, e non è detto che sia l’ultimo passaggio: Lega e M5S non hanno mai nascosto la propensione alle manette facili. E ciò nonostante nei nostri istituti di pena almeno un terzo dei detenuti sia in attesa di una sentenza definitiva.
Ma la presidente della commissione giustizia della camera, Ferranti, va avanti convinta: “È una riforma indispensabile – dice – per ripristinare una cultura delle cautele penali fondata sul pieno rispetto del principio costituzionale della presunzione di innocenza e sulla necessità di valutare, caso per caso e senza automatismi, le misure più idonee a garantire le esigenze cautelari in attesa della sentenza”. Dal passaggio più o meno facile che riuscirà ad avere il provvedimento fino all’approvazione definitiva si potrà misurare il vero tasso di cultura garantista che c’è in questo parlamento.
Rossomando: custodia cautelare non sia pena anticipata
“Con il via libera della commissione Giustizia la legge che riforma la custodia cautelare fa un passo avanti importante. È una norma che va controcorrente rispetto agli ultimi vent’anni segnati da provvedimenti tanto restrittivi nella concezione quanto inefficaci. Invece qui si riafferma il principio di civiltà secondo il quale la carcerazione preventiva non può in alcun modo essere un’espiazione anticipata di un’eventuale pena”.
Lo dice la deputata del Pd Anna Rossomando, componente la commissione Giustizia di Montecitorio e relatrice del provvedimento. “Come relatrice – aggiunge – esprimo massima soddisfazione per il lavoro svolto da tutta la commissione. Questa riforma è in linea con un complesso di interventi di Parlamento e governo che già hanno prodotto effetti positivi, come dimostra la decisione della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo che riconosce la bontà e l’efficacia delle soluzioni adottate sul tema del sovraffollamento delle carceri”.