Sembra un film, una storia inventata. Non è così. Per 22 anni ha vissuto da ergastolano. Bollato come il mostro di Alcamo Marina. Giuseppe Gulotta è libero, ha raccontato le sue angosce in un libro e in tv. E adesso i suoi legali hanno chiesto 56 milioni di euro di risarcimento alla Corte d’appello di Reggio Calabria, formalizzando la richiesta che era stata annunciata dopo la scarcerazione, avvenuta nel 2012.
Gulotta, adesso manovale, ha scontato ventidue anni di galera da innocente, perché per la “giustizia” era lui il responsabile della Strage di Alcamo. Tutto sbagliato.
Il 27 gennaio del 1976 viene attaccata la caserma dei Carabinieri di Alcamo Marina, in provincia di Trapani, vengono uccisi due giovani carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Partono le indagini: viene interrogato un carrozziere, Giuseppe Vesco, che fa il nome di una serie di ragazzi di Alcamo. C’è anche Giuseppe Gulotta, che all’epoca aveva 18 anni.
“Vennero a bussare alla mia porta – ha raccontato poi Gulotta -. Ero a casa dei miei genitori. Mi condussero in caserma, mi picchiarono, mi sputarono addosso, mi fecero di tutto, usarano le maniere forti, fino a quando non mi fecero confessare l’omicidio per le botte che mi avevano dato”.
La “rinascita” dopo una vita dietro le sbarre è poi diventata testimonianza in “Alkamar” un libro pubblicato da Chiarelettere. Perché tutti devono sapere. Sembra un film, come quello in cui il protagonista è Alberto Sordi, “Detenuto in attesa di giudizio”. Gulotta, viene arrestato pochi anni dopo la pellicola di Loy. E non importa che le prove che lo “schiacciano” siano troppo labili.
“Mi spiace che mi hanno tolto i momenti più belli della mia vita, non ho potuto vedere crescere i miei figli” ha più volte ripetuto Giuseppe che oggi ha 56 anni, è un uomo libero, dopo trentasei anni di calvario con la giustizia. E che allo Stato adesso chiede il risarcimento record.