Civitavecchia. Altra morte in carcere

kej9zoSi è spento nel carcere nuovo di Civitavecchia un cittadino di 37 anni che, sebbene malato, tossicodipendente e in possesso di documentazione sanitaria che ne dimostrava l’incompatibilità col carcere, è morto per cause ancora da accertare nel penitenziario laziale. Dura la reazione del legale dell’uomo, che ha annunciato una battaglia senza quartiere affinché siano puniti gli errori dei magistrati che non hanno permesso il trasferimento del detenuto nella Comunità il Merro che, a sua volta, ha espresso il proprio shock per quanto accaduto. Parliamo del caso di Fabio Giannotta.

Siamo scioccati. La Comunitá il Merro manifesta la sua vicinanza alla famiglia del Detenuto Fabio Giannotta, deceduto nel carcere di Civitavecchia. Aspettavamo il Sig. Giannotta da circa tre mesi per poterlo ospitare presso la nostra struttura. Abbiamo integrato la documentazione necessaria a garanzia dei magistrati che si occupavano del caso al fine di provvedere tempestivamente alla sua scarcerazione date le sue gravi condizione di salute evidenti ed incompatibili con il regime carcerario”. Con queste poche righe diramate attraverso Facebook, la comunità di recupero per tossicodipendenti “Il Merro” sita a Sant’Angelo Romano, ha annunciato il proprio cordoglio per la morte di Fabio Giannotta, deceduto fra giovedì notte e venerdì mattina in carcere a Civitavecchia.

Il caso Giannotta è l’ennesimo caso di un cittadino che in carcere non ha ricevuto le cure adeguate e non è stato scarcerato nonostante verbali che attestavano l’incompatibilità di questo detenuto col regime carcerario. L’uomo, classe 1977 e al quale restavano gli ultimi due anni di pena da scontare in carcere, era ammalato da tempo e la sua situazione clinica era resa ulteriormente grave dalla tossicodipendenza che lo affliggeva. Del resto, come ha fatto notare l’avvocato dell’uomo, in un altro procedimento per il quale era stato condannato a dieci anni di carcere la pena era stata commutata in arresti domiciliari, proprio a causa delle condizioni critiche di salute del detenuto.

Il dispositivo precedentemente emesso in riferimento all’altra condanna che stava scontando, avrebbe consentito a Giannotta di espiare la sua pena presso la Comunità il Merro ed a quel punto è stata presentata istanza di scarcerazione per la seconda condanna che fra due anni sarebbe comunque stata interamente scontata. Il legale di Giannotta, avvocato Gianluca Pammolli, ha duramente attaccato non solo il magistrato di sorveglianza dell’Ufficio di Roma, la Dottoressa Luisa Martoni che ha rigettato l’istanza di scarcerazione presentata da Giannotta, ma anche l’eccessiva presenza di donne in magistratura di sorveglianza a Roma e la pratica troppo diffusa dei giudici periferici, che delegano sistematicamente alla Capitale la decisione sui casi come avvenuto a Civitavecchia con Giannotta.

Così l’avvocato Pammolli: “E’ assolutamente inconcepibile che una persona così malata sia stata trattenuta in carcere ignorando le sue condizioni di salute documentate da molte relazioni mediche inecceopibili e chiare! Il Giudice di sorv.Za dovrà spiegare il suo operato e il motivo per cui ha rigettato il ricovero provvisorio del mio assistito in comunità terapeutica, dopo che già questi aveva avuto da altri Giudici superiori per grado alla dr.Sa Martoni,gli arresti domiciliari nella comunità Il Merro di Tivoli. I giudici di sorveglianza dell’Ufficio di Roma sono tutti donne alcune delle quali provenienti dal civile e non so che tipo di competenza possano avere queste signore, che mai hanno avuto contatti con la strada e con i problemi della malavita reale, sui detenuti e sulle misure alternative al carcere. Qui si dovrebbe fare una legge per le ‘ quote maschili ‘ dato che a Roma tutti i magistrati di sorveglianza sono donne e tutte agiscono più o meno come quella di Civitavecchia, relegando ogni decisione nel merito sempre al tribunale di sorveglianza di Roma, anche in casi evidenti di sofferenza come il presente dove il detenuto era talmente malato che è morto! La violazione dell’art.3 della Convenzione di Strasburgo è stata palese e i responsabili dovranno rispondere anche in sede europea per questo ennesimo caso di trattamento disumano dei detenuti!”
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