Il blitz? «Sì, lo rifarei». Cristian D’Alessandro, uno dei 30 attivisti di Greenpeace detenuto in Russia per il blitz a una piattaforma petrolifera di Gazprom, avrebbe risposto così ai cronisti che lo attendevano all’uscita dal carcere. «Sto assaporando la libertà», avrebbe detto al padre Aristide, raggiunto al telefono. Anche se non è ancora chiaro se per l’attivista«sarà possibile rimpatriare o dovrà rimanere in Russia», ha spiegato l’associazione ambientalista.
CAUZIONE – La scarcerazione era stata concessa martedì scorso dal tribunale di San Pietroburgo dietro il pagamento di una cauzione di 2 milioni di rubli, circa 45 mila euro. Una cifra che – ha reso noto l’Ong – è stata pagata con i fondi di Greenpeace International.
SOLLIEVO – «Siamo sollevati, ma non stiamo festeggiando», ha detto il direttore esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio. Il problema infatti è che tutti gli attivisti «sono ancora accusati di vandalismo, un crimine molto serio che non hanno commesso, e rischiano anni di carcere». Gli Arctic30 saranno liberi solo «quando cadranno le accuse ingiuste anche l’ultimo di loro sarà tornato a casa dalla propria famiglia».
IL PADRE – «Dopo la sofferenza degli ultimi due mesi c’è finalmente gioia», ha detto il padre di Cristian, «anche se sarà completa solo quando ci sarà l’assoluzione definitiva». Anche se l’uomo ha colto «segnali di disgelo» in una vicenda «partita malissimo. «Ora – aggiunge – speriamo che la Russia rinsavisca e si renda conto che questi ragazzi sono innocenti».