Carcere di Busto Arsizio – Agenti aggrediti in carcere

cordatesa«E’ un caso isolato e fortunatamente non usuale». Minimizza Orazio Sorrentini, il direttore della casa circondariale di Busto Arsizio, la vicenda che si è registrata la sera tra giovedì e venerdì all’interno della struttura da lui gestita. Un detenuto ha infatti aggredito due agenti, procurando loro alcuni traumi facciali.
L’autore del gesto è un ragazzo pakistano con evidenti problemi psichici che, mentre veniva accompagnato in ambulatorio per essere visitato, ha iniziato a dimenarsi contro gli agenti. Colpiti dai suoi calci e i suoi punti sono stati un sovraintendente e un assistente che, medicati al pronto soccorso, sono stati dimessi con una prognosi di due giorni. Il caso, non ancora approfondito nei dettagli dal direttore Sorrentini, è comunque un evento molto particolare. «L’uomo è stato arrestato solo tre giorni fa per tentato omicidio» spiega il direttore ma non era ancora stato sottoposto ad una perizia psichiatrica «poiché si era vistosamente rifiutato».
Nonstante a inizio mese siano stati aggrediti altri agenti nella struttura bustocca «la situazione all’interno della struttura sta lentamente migliorando, anche se il sovraffolamento genera più rischi», spiega Sorrentini. Il carcere, dalla capienza massima di 167 posti, oggi ospita 385 detenuti «ma la tendenza è positiva». Quando Orazio Sorrentini ha iniziato a gestire la struttura bustocca «le presenze erano oltre quota 430 mentre in questi mesi siamo arrivati anche sotto le 350». Dopo la condanna da parte della comunità europea il direttore aveva inoltre auspicato il trasferimento di almeno 100 persone tra la popolazione carcararia e «in questi mesi qualcosa si è mosso». Sono infatti in corso i lavori di ristrutturazione per rendere unica la sala dei colloqui, in modo da garantire più opportunità di visita ai detenuti. Un progetto che sta per partire riguarda anche la riorganizzazione degli spazi che porterà a «convertire il piano dedicato alle attività trattamentali in un altro spazio per le celle, trasferendo ciò che si faceva lì in un’altra zona». 

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