Potrà sembrare assurdo ma è stata una bibita – gassata ed zuccherosissima – ad ucciderlo. Fulvio Ler, il 53enne che lo scorso marzo venne arrestato per pedofilia dai poliziotti della squadra mobile diretti dal vice questore aggiunto Claudio De Salvo in seguito a una denuncia di una delle sue tante vittime, è deceduto ieri l’altro nel carcere di Benevento – dov’era rinchiuso in attesa di essere sottoposto, il prossimo ottobre, a processo con rito abbreviato – a causa di un improvviso peggioramento delle sue condizioni di salute, già abbastanza precarie. Ler soffriva infatti di una forma molto acuta di diabete a causa del quale, in passato, gli erano state amputate alcune dita dei piedi; la malattia aveva, inoltre, compromesso notevolmente la sua vista. Al 53enne era stata poi diagnosticata una grave pancreatite. E il suo fisico, messo già così male, non ha quindi retto all’improvviso innalzamento degli zuccheri nel sangue. Lunedì mattina, all’alba, il malore. Immediato il trasferimento, subito richiesto dal direttore della casa circondariale di Benevento, all’ospedale del capoluogo sannita dove però Ler, nonostante la solerzia dei medici, è morto, per sopraggiunte complicazioni: i suoi organi hanno praticamente ceduto.
Sul corpo dell’uomo, così come spiega il legale che lo stava seguendo nella sua vicenda giudiziaria, FeliceLentini, non è stata predisposta l’autopsia in quanto «le cause del decesso sono chiare e non imputabili nè a sostanze non permesse all’interno di una casa circondariale – afferma l’avvocato – nè a un ritardo nei soccorsi nè tantomeno a inadempienze da parte del personale carcerario che, come lo stesso Ler raccontava, era parecchio attento al suo regime alimentare e alle accortezze da usare per via del suo stato di salute precario, ovviamente nell’ambito di un regime di restrizione».
Fu la confessione di un 26enne, resa in Questura a pochi giorni dallo scorso Capodanno a incastrare il 53enne accusato di aver abusato non solo del giovane, quand’era poco più che un bambino, ma anche di altri minori che in seguito alla prima denuncia, accompagnati dai genitori insospettiti da alcuni comportamenti strani dei loro figli, resero il loro racconto delle violenze subite. Ler – già noto alle forze dell’ordine per questioni legate allo spaccio di droga e solo lo scorso ottobre finito agli arresti domiciliari durante una retata dei carabinieri che portò allo scacco della “gang della movida” – pare fosse solito avvicinare le sue vittime – scegliendole in contesti già alquanto degradati – promettendo loro dolci, gelati o pizzette in cambio di favori sessuali. Ai più grandi garantiva piccole somme di denaro, hascish o marijuana, sostanze che reperiva facilmente viste le sue frequentazioni. Per anni nessuno aveva mai avuto il coraggio di denunciarlo. Poi, dopo lo sfogo del 26enne ci furono le altre denunce. Fulvio Ler aveva optato con il suo avvocato per il rito abbreviato che si sarebbe celebrato il prossimo mese. La morte, però, è arrivata prima dei giudici.