Cremona – Si impicca in carcere, muore in ospedale

cordatesaCREMONA – Aveva tentato il suicidio nella sua cella del carcere di Cremona, dove era giudicabile per il reato di tentata strage, ma il tempestivo intervento dei poliziotti penitenziari aveva scongiurato il gesto del detenuto , un 66enne di Mantova, che aveva cercato di impiccarsi. Trasportato all’Ospedale, è morto oggi.

 “Ieri il detenuto aveva tentato di porre fine alla propria vita cercando d’impiccarsi nel carcere di Cremona e solo grazie al tempestivo intervento del personale di Polizia Penitenziaria in servizio si è riusciti a salvargli la vita, trasportando urgentemente il detenuto presso la struttura ospedaliera piu’ vicina. Purtroppo la vicenda ha portato ad aggiornare l’elenco delle persone morte per suicidio, seppur il decesso non è avvenuto all’interno del penitenziario. Il personale di Polizia Penitenziaria è intervenuto nell’immediatezza e con la solita professionalità che lo distingue nonostante tutte le problematiche che affliggono il Corpo. Nella situazione in cui versa attualmente il pianeta carcere gli eventi critici potranno solo che aumentare in modo esponenziale e l’operato del personale di Polizia Penitenziaria risulterà vano se non si troverà una celere soluzione a tutte quelle criticità legate alla maggior parte degli istituti penitenziari italiani” : a dichiararlo è Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE.
Capece sottolinea che sabato scorso, sempre a Cremona, c’è stato un tentativo di evasione sventato in tempo dalla Polizia Penitenziaria e “punta il dito” contro le incapacità dell’Amministrazione Penitenziaria a fronteggiare l’emergenza carceri: “Ogni giorno accade qualcosa di grave in uno degli oltre 200 penitenziari del Paese e il DAP non ci sembra in grado di fronteggiare l’emergenza. Non è certo con le fantasie di Tamburino e Pagano, Capo e vice Capo DAP, sulla vigilanza dinamica dei penitenziari pensate per alleggerire l’emergenza carceraria che si risolvono i problemi. Questa soluzione, in realtà, è una resa dello Stato alla criminalità. Pensare a un regime penitenziario aperto; a sezioni detentive sostanzialmente autogestite da detenuti previa sottoscrizione di un patto di responsabilità favorendo un depotenziamento del ruolo di vigilanza della Polizia Penitenziaria, relegata ad un servizio di vigilanza dinamica che vuol dire porre in capo ad un solo poliziotto quello che oggi lo fanno quattro o più Agenti, a tutto discapito della sicurezza e mantenendo il reato penale della “colpa del custode”; ebbene, tutto questo è fumo negli occhi!”

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