38 lunghi, lunghissimi anni dietro le sbarre prima che un giudice si rendesse conto che David Bryant non era il mostro che aveva picchiato, violentato e infine ucciso una bimba di soli 8 anni. Giovedì scorso per l’uomo si sono aperte le porte del carcere ed è stato catapultato in un mondo tutto nuovo, aveva solo 18 anni quando fu arrestato. Oggi ne ha 56 e tante cose sono cambiate fuori. Nel frattempo è anche rimasto da solo, tutti i suoi parenti sono morti e il suo rammarico principale è che i suoi genitori non abbiano potuto assistere alla sua liberazione: “Sono morti senza mai conoscere la verità. E’ difficile da accettare. Nelle loro teste c’era sempre il dubbio. Vorrei che potessero essere qui per festeggiare con me questo momento“.
All’epoca dell’arresto e del processo, l’avvocato della sua difesa non fece praticamente nulla per dimostrare la sua innocenza. Anche il DNA trovato sul corpo della piccola Karen Smith, non gli apparteneva. Un giudice ha stabilito che il suo avvocato d’ufficio non mise correttamente in discussione il sangue e campioni di sperma presentati al processo dai pm, negandogli un processo equo. Spetterà al procuratore distrettuale del Bronx decidere se fare ricorso in appello sulla decisione del giudice o se avviare un nuovo processo.
“Lasciate che vi dica, che lo stupro e l’omicidio di una bambina di 8 anni non è la cosa ideale per essere in carcere“, ha detto Bryant. “Tutto quello che avevo era la mia fede e sapevo di essere un uomo innocente. Ero solo. Non avevo nessuno. Tutto quello che avevo era la mia certezza che non avevo commesso quegli atti orribili, e mi aggrappai a quella così forte che non l’ho mai lasciata andare. Non credevo che sarei uscito vivo“.
Durante i 38 anni in cui è stato in carcere, il mondo è cambiato – una realtà che ora è costretto a cogliere a velocità mozzafiato. Non ha mai imparato a guidare una macchina, o ha avuto un conto in banca. “So che non posso ottenere indietro questi 38 anni. Ho ancora un po’ paura di come tutto è cambiato. Spero che il tempo mi dia modo di abituarmi alla vita fuori dal carcere.”