Cinque anni e mezzo di carcere: tanto è costato a Luaty Beirao, musicista e rapper angolano il suo impegno politico e la dissidenza al presidente Jose Eduardo dos Santos. La sentenza è stata emessa da un tribunale di Luanda che ha giudicato Beirao e altri 16 imputati colpevoli di voler rovesciare il governo e le istituzioni.
La vicenda ha avuto inizio il 20 giugno scorso quando il gruppo è stato arrestato dopo essere stato colto “in flagrante reato di lettura” come hanno
ironicamente sottolineato gli avvocati della difesa. I 17 stavano infatti partecipando ad un incontro sulla resistenza non violenta dedicato al libro di Gene Sharp “Dalla dittatura alla democrazia. Manuale di liberazione non violenta”. Il giornalista e intellettuale Domingo da Cruz, considerato il leader del gruppo, si è visto comminare la pena più dura: otto anni e mezzo di detenzione per “cospirazione e tentato colpo di Stato”.
Gli avvocati di Beirao, nomi d’arte ‘Ikonoklasta’ e ‘Kamikaze angolano’ – che ha protestato contro la sua incarcerazione con uno sciopero della fame – hanno annunciato che presenteranno ricorso. Una sentenza “oltraggiosa”, come l’hanno definita le associazioni per i diritti civili secondo cui Beirao e i suoi compagni sono vittime di un “processo farsa” che getta una luce allarmante sulle condizioni della giustizia in Angola.
Terza economia del continente, l’Angola ha risollevato le sue finanze dopo la fine della guerra civile nel 2002 grazie alle ingenti risorse petrolifere. Nel paese, tuttavia, il malcontento per gli scandali di corruzione, repressione e impunità è in continua crescita. La famiglia Dos Santos è considerata tra le più facoltose del continente e la figlia del presidente, Isabelle, è stata definita da Forbes la donna più ricca d’Africa. Al potere dal 1979, il presidente Dos Santos – il più longevo leader africano dopo Teodoro Obiang Nguema in Guinea Equatoriale – ha annunciato pochi giorni fa l’intenzione di abbandonare la politica attiva al termine del mandato, nel 2018.
Se all’annuncio seguiranno i fatti o si tratti solo di propaganda è argomento al centro del dibattito in questi giorni. L’opposizione si dice scettica: “L’impressione è che non abbia alcuna intenzione di mollare e che l’annuncio sia una sorta di test per valutare la sua popolarità, dentro e fuori il partito” ha commentato il vicepresidente del partito di opposizione Unione per l’indipendenza totale dell’Angola (Unita), Raúl Danda.