Colombia, la prigione dell’orrore: trovati cento corpi smembrati

cordatesaSi chiama «La Modelo», e a dispetto del nome è considerata una delle carceri più pericolose della Colombia. Nel suo sistema fognario, le autorità hanno trovato i resti di corpi smembrati di almeno 100 persone. Non solo detenuti, ma anche visitatori, entrati e mai più usciti.

I corpi

La prigione di «La Modelo», a Bogotà, ha una popolazione carceraria di 11mila detenuti. Tristemente nota alle cronache locali e non solo: nelle celle sono rinchiusi militanti di estrema sinistra, ma anche paramilitari di estrema destra e spacciatori. Rinchiusi qui anche alcuni guerriglieri delle Farc. La forze dell’ordine colombiane hanno trovato, nei condotti fognari, i resti di corpi di almeno 100 persone. Uccise, e poi smembrate. Le sparizioni sarebbero avvenute fra il 1999 e il 2001, ma solo adesso sono state avviate delle indagini ufficiali, come ha annunciato il procuratore Caterina Heyck Puyana. I resti rinvenuti non sarebbero solo di carcerati, ma anche di parenti e semplici visitatori «I cadaveri smembrati sono stati gettati nei tubi di scarico del sistema fognario» ha spiegato Puyana.

 La giornalista

Delle misteriose scomparse di persone all’interno della prigione, e del traffico di armi all’interno delle mura carcerarie, aveva parlato per la prima volta proprio nel 2000 la giornalista colombiana Jineth Bedoya. Il 25 maggio di quell’anno era stata sequestrata mentre aspettava di entrare nel carcere, dove avrebbe dovuto incontrare Mario Jaimes Mejía, detto «El Panadero», ex paramilitare, considerato responsabile dell’assassinio di 7 persone e della scomparsa di altre 25 a Barrancabermeja. Caricata su un’auto, drogata, torturata e stuprata, era stata scaricata dopo 10 ore di violenze vicino a un cassonetto della spazzatura,in una strada a tre ore da Bogotà. Proprio Mejía è accusato di essere il responsabile di quel rapimento e delle violenze, insieme a un altro ex paramilitare, Alejandro Cardenas Orozco, detto «JJ» (che ha ammesso di essere stato a bordo dell’auto con cui era stata sequestrata la giornalista). Entrambi si trovano nel carcere di «La Modelo», dove beneficiano di alcuni sconti di pena stabiliti da una legge introdotta nel 2005 per i paramilitari che acconsentono a collaborare con le forze dell’ordine. Ed è indagando su quanto accaduto a Jineth Bedoya, e a partire dal suo lavoro di inchiesta, che gli investigatori hanno scoperto quei resti smembrati. L’ipotesi della procura è che i due siano coinvolti anche in quelle morti. «Sono felice che le indagini siano partite, ma questa cosa sarebbe dovuta accadere 15 anni fa. Scoprire la verità su quello che è successo a La Modelo – ha detto la giornalista – non è un dovere che lo Stato ha solo nei miei confronti, ma nei confronti di tutte le vittime»

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