Etiopia: persecuzione senza fine; arresti arbitrari, tempi infiniti di detenzione, sparizioni forzate, torture e uccisioni.

torture2Dal 2014, almeno 5000 oromo sono finiti in carcere perché sospettati di opporsi al governo o di incitare altre persone a esprimere il loro dissenso: manifestanti pacifici, studenti, esponenti politici, attivisti per i diritti culturali, contadini, uomini d’affari, insegnanti, funzionari dell’amministrazione statale, cantanti. A volte, vengono arrestati anche i familiari: per mero reato associativo di parentela o al posto della persona ricercata.

In molti casi, gli arrestati trascorrono mesi se non anni in attesa del processo in centri di detenzione non ufficiali all’interno delle basi militari, dove vengono ripetutamente torturati, senza poter chiedere assistenza ai familiari o agli avvocati.

Decine di oromo sarebbero stati vittime di esecuzioni extragiudiziarie.

Secondo il governo, la maggior parte delle persone arrestate sarebbero simpatizzanti del fronte di liberazione oromo, il gruppo secessionista attivo nella regione. Tuttavia, precisa il rapporto di Amnesty International, queste accuse restano indimostrate, dato che molti detenuti non vengono mai processati. Il “terrorismo” pare dunque un mero pretesto per ridurre al silenzio le voci critiche e giustificare la repressione. 

Il mondo non si accorge di niente, tanto meno l’Italia, neanche quando quest’anno, ad aprile e maggio, le forze di sicurezza hanno stroncato le proteste universitarie uccidendo decine di manifestanti, picchiandone centinaia d’altri e arrestando migliaia di persone, compresi semplici passanti.

Le testimonianze sulle torture contenute nel rapporto di Amnesty International sono raccapriccianti. C’è l’insegnante con l’occhio forato dalla punta di una baionetta per aver rifiutato di impartire lezioni di propaganda ai suoi studenti. C’è la ragazza cui viene gettato carbone ardente sulla pancia perché suo padre era sospettato di simpatizzare per la lotta armata. C’è lo studente legato in posizione contorta e appeso a un muro perché il business plan che aveva preparato per un concorso universitario conteneva valutazioni politiche. Ex detenuti hanno denunciato finte esecuzioni, stupri di gruppo, scariche elettriche e ustioni con materiali bollenti.

Le condizioni detentive costituiscono a loro volta una forma di tortura: i prigionieri languono in celle minuscole, sotterranee e sovraffollate, incatenati braccia e gambe per mesi, impossibilitati a uscirne se non per gli interrogatori e per andare in bagno una o due volte in giorno.

Di ricorrere alla giustizia per ottenere un rimedio o un risarcimento, anche una mera informazione, non se ne parla: chi chiede di sapere dove sia detenuto un parente viene arrestato a sua volta.

Nel 2015 in Etiopia si terranno le elezioni. Se mesi prima la repressione è così elevata, cosa accadrà più a ridosso della scadenza elettorale?

 

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