La Turchia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per trattamento inumano nei confronti di Abdullah Ocalan, il leader del Pkk– Partito dei Lavoratori del Kurdistan – catturato nel 1999 e condannato all’ergastolo senza possibilità di sconti o di liberazione con la condizionale.
La Corte di Strasburgo ieri ha condannato la Turchia per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, che sancisce che nessun uomo può essere sottoposto a tortura o trattamenti degradanti. Secondo i giudici la legge vigente inTurchia non rispetta quest’articolo della Convenzione e di conseguenza viola i diritti del fondatore del Pkk, in quanto “non prevede, dopo un certo periodo di detenzione, alcun meccanismo di riesame della pena all’ergastolo comminata per reati come quelli commessi da Ocalan, allo scopo di valutare se continuano a sussistere motivi legittimi per tenere la persona in carcere“. Il tribunale ritiene, inoltre, che la segregazione totale sull’isola di Imrali fino al 2009 rappresenti un ulteriore caso di maltrattamento. I giudici hanno, però, anche stabilito che non esistono prove di un tentativo di avvelenamento durante la detenzione, come invece sostengono Ocalan e i suoi legali.
Dopo la costatazione di questa violazione, il ministro della Giustizia turco, Bekir Bozdag, ha escluso una possibile scarcerazione del leader del Pkk: “La pena di Ocalan è l’ergastolo. Non può beneficiare della scarcerazione condizionale“. Il Ministro ha ritenuto, dunque, non sia necessario cambiare le normative in vigore dopo la sentenza della Corte di Strasburgo. Ha affermato che questa violazione “non deve essere intesa come un elemento che dia a Ocalan la prospettiva di una liberazione imminente” e che la decisione presa ieri dai giudici “non necessita una nuova regolamentazione“.
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