diffondiamo da informa-azione
Riportiamo le testimonianze di alcune ragazze rinchiuse al carcere della Dozza (Bologna) che ci hanno scritto raccontandoci quello che ha significato per loro la battitura che hanno portato avanti durante la mobilitazione nazionale.
19.55…l’orologio indica che il momento del nostro grido è vicino…tra 5 minuti potremo innalzare la nostra voce oltre quelle mura che limitano il vedersi dei nostri visi. Quel momento in cui noi detenute riuniremo il nostro dolore, la nostra rabbia, la nostra speranza in un unico atto, quello di battere con tutta la forza che abbiamo in corpo contro le gelide, arrugginite sbarre morte a cui appoggiamo le mani ogni volta che il nostro sguardo si posa sul cielo sconfinato. Le 20.00, partiamo all’unisono con una carica eccezionale che pochi possono comprendere. Sale il rumore assordante di tante mani di PERSONE piene di voglia di vivere e di tornare a far parte del mondo…Quel mondo che tanto amiamo e che appartiene a noi quanto a chiunque altro. I pensieri scorrono incessantemente e viaggiano lontano..Arrivando a chi abbiamo di più caro al mondo e mentre sale la nostalgia dallo stomaco, sale anche l’energia per battere ancora più forte. Anni..tutti questi anni..Perché..Mi guardo indietro e so di non essere una persona cattiva, anzi sono una persona normale che si batte per ciò in cui crede…Ed eccomi qua, unita alle mie compagne detenute ad alimentare l’urlo. Un urlo che si chiede perché qualcuno ha deciso che ciò che facevo era reato, perché i sistemi creano il problema per poi darci le sue “geniali soluzioni”. Siamo solo pedine dei potenti e dopo esserlo stata per 24 anni interi ho deciso di non seguire più la corrente e chiedere di vivere in un mondo migliore senza guerre, senza crudeltà tra esseri viventi (preciso animali compresi), con rispetto e amore verso il mondo che ci ospita, senza gabbie che rinchiudono persone che non meritano di essere private della loro libertà.
Il mio pensiero personale su questa battitura che abbiamo fatto è che è stato molto liberatorio e son contenta di aver contribuito in tutto ciò. Spero che venga riportato tutto ciò. Ho urlato il mio odio contro questo sistema sbagliato e ipocrita dove lo stato ci ha messo in ginocchio e noi paghiamo i danni per aver fatto cose per sopravvivere. Ma rifarei tutto dall’inizio. Non mi pento di niente. Viva la libertà, anche di parole ed espressione.
Cosa si può provare dietro ad una finestra e dentro un 3 metri quadrati di spazio in tre?
La sensazione di una battitura contro a queste sbarre non è determinata solo dal fatto di una persona condannata o non! Ma è determinata dalla propria unione psicologica o morale all’interno di un contesto non proprio. La sensazione di libertà, del proprio spirito, della propria mente, del sentirsi vivi dentro all’inferno, consapevoli che fuori il mondo va sempre di più al contrario, della troppa ed eccessiva industrializzazione morale, psicologica ma soprattutto umana. Al risposta ad un quesito. Perché? Non si parte dall’idea di aver vinto! Ma si deve pensare, agire e proclamare e soprattutto far capire di quanta ingiustizia, corruzione, ipocrisia vige dentro all’apice..”della legge è uguale per tutti”. Questa battitura dovrebbe sentirsi all’interno del proprio io e seguire per un’utopia migliore con le giuste proporzioni. Cosa che molto spesso rimane un’utopia.
Tutte le mattine la sveglia era quell’orribile rumore alle sbarre chiamata battitura: l’agente entra sbattendo quell’orribile manganello alla grata. Quel rumore rimbomba nelle orecchie e viene fatto apposta per svegliarti e buttarti giù dal letto. Siamo classificati senza cuore e senza intelligenza ma il nostro grido alle sbarre è “ridateci la nostra libertà”. In galera si trovano persone per i seguenti reati: rapina, prostituzione, spaccio, ecce cc ma i politici ci hanno rovinato togliendo il lavoro senza poter portare a casa un pezzo di pane. Ma i giudici si rendono conto che con la crisi economica stanno aumentando i reati ma si chiedono dove sono le fondamenta del problema? Oggi sono IO a fare la battitura cercando di buttare giù quelle sbarre e il mio grido per farlo sentire al mondo intero che non sono criminale o ladra ma sono una persona con sani principi e con la mia intelligenza posso dire al giudice “Giudice lei è giudice perché ci sono IO per il reato commesso. Ma lei non si chiede il motivo del mio reato?”Al popolo grido “datemi della colpevole ma lo stesso vivo con il mio rispetto con il mondo intero”. Un giorno con questa battitura potrò avere giustizia con i miei sani principi. Se occorre di rifarlo sbatterò il piatto alle sbarre finché le mie mani non si riempiranno di lividi. Per poter avere la mia libertà. La battitura è stata uno sfogo emotivo, una liberazione della rabbia che cresce poco per volta. Rinchiusa dentro una cella con poche cose personali che ti legano, condividendo tutto con almeno altre 3 persone, che poi diventano una famiglia momentanea. Non avendo un modo di sfogo la battitura in quel preciso momento ha potuto farmi scaricare tutta la tensione emotiva, per arrivare alle orecchie di chi deve ascoltare un detenuto.