Lunedì 11 giugno a Basiano, durante un picchetto di protesta per i licenziamenti degli operai della cooperativa Alma impiegata in un’azienda che svolge servizi di logistica per supermercati quali Il Gigante, Esselunga e Carrefour, i lavoratori in lotta venivano caricati e gasati brutalmente dall’arroganza delle forze dell’ordine.
Le cariche sono servite a proteggere i crumiri pagati dal padrone per svolgere a paga inferiore questa mansione al posto loro.
Ciò che differisce dalle solite manifestazioni di protesta è il fatto che i lavoratori hanno reagito alla violenza dello Stato scegliendo di rispondere con la giusta determinazione alla prepotenza delle forze dell’ordine.
Il risultato è stato di 20 feriti tra gli operai e 14 tra gli agenti. La cosa ancor più grave è che tutti i feriti tra gli operai, eccetto uno in gravi condizioni, sono stati prelevati dagli ospedali e sbattuti in prigione.
Trattandosi di operai immigrati questo significa anche la possibilità di finire rinchiusi nei lager di stato: i CIE.
Del resto il legame tra lavoro e sfruttamento in casi come questi sono eclatanti, in quanto la perdita del lavoro si traduce anche in perdita della legittimità a vivere in un paese, trasformando di fatto un individuo in clandestino, in illegale per nascita.
E’ evidente come in questo caso il carcere e la repressione svolgano in maniera organica la loro funzione primaria: quella di avere un ruolo di contenimento del conflitto sociale.
Uno scenario del genere apre nuovi orizzonti alla gestione della crisi da parte del capitale, riportandoci in pieno all’inizio del secolo scorso in cui agli operai che si ribellavano si dava del piombo per sfamarli.
Tutto questo non fa che avallare le tesi che come collettivo anticarcerario abbiamo sempre sostenuto e crediamo sia ormai giunto il momento che ogni soggetto che svolge attività politica si ponga questa riflessione.
Il tempo delle mediazioni è terminato perché non c’è più la volontà da parte dello democrazia di gestire i rapporti sociali in maniera differente da violenza e manette.
Questa è sempre stata l’essenza dello stato che, unico e legittimo detentore della violenza, l’ha sempre utilizzata nei momenti in cui la situazione gli sfuggiva di mano e rischiare di compromettere le basi stesse della sua esistenza.
A partire dagli arresti dei NoTav fino alle condanne per gli scontri del 15 ottobre a Roma, dalle condanne in Cassazione ai compagni per i fatti del G8 genovese per giungere agli ultimi arresti di anarchici è ormai evidente come l’intenzione del potere per far fronte al conflitto montante sia quella della criminalizzazione e della repressione.
E’ evidente come questa situazione faccia sempre più paura ad uno stato non più in grado di far fronte ad un conflitto sociale crescente, trovandosi forzato a mostrare il suo vero volto di oppressione e dominio, di cui il carcere costituisce la massima espressione.
CordaTesa