«È SUCCESSO tutto in pochi
istanti.Aun certo punto abbiamo
visto del fumo uscire dal cofano,
in un attimo l’abitacolo e pure la
cella nel retro del furgone si sono
riempiti di fumo. Ci siamo subito
fermati, abbiamo fatto scendere
anche i due detenuti che stavamo
accompagnado in ospedale e con
gli estintori abbiamo spento il
principio d’incendio nella zona
sotto al motore». Paura? «Macché,
ormai siamo abituati ad affrontare
gli imprevisti», taglia corto
uno degli agenti che ieri mattina
era sul Ducato blindato che ha
preso fuoco.
Erano circa le 8.30 quando il fumo
ha iniziato a uscire e invadere
l’interno del mezzo. «Eravamo
sul viale Cavriga, in direzione
dell’ospedale San Gerardo – racconta
l’agente -. Immediatamente
ci siamo accostati e abbiamo atteso
una ventina di minuti, giusto il
tempo che un altro mezzo venisse
a prenderci dal carcere». Nel frattempo,
i sei agenti hanno sorvegliato
a vista i due detenuti, fra
cui uno del circuito dell’Alta sicurezza,
sul ciglio della strada. «Questa
volta è andata bene, nessuno è
rimasto ferito ma dobbiamo aspettare
che muoia un detenuto o un
agente perché qualcuno inizi a risolvere
una situazione che continua
a peggiorare? – polemizzaAngelo
Urso, segretario nazionale
della Uil penitenziari -. Sono anni
che denunciamo le disastrose
condizioni in cui versano i mezzi
della polizia penitenziaria, e questo
episodio è il risultato delle risposte
che abbiamo ricevuto
dall’Amministrazione penitenziaria.
Nulla è stato fatto». «Ogni volta
che ci si mette in macchina incrociamo
le dita sperando che tutto
fili liscio – continua Domenico
Benemia, segretario regionale del
sindacato della polizia penitenziaria
-. Al carcere di Monza come
negli altri istituti della Lombardia,
la situazione è desolante. A
farne le spese è soprattutto il Nucleo
traduzioni e piantonamenti,
ovvero quegli agenti che accompagnano
i detenuti ai processi, anche
fuori regione, e a visite ed esami
negli ospedali».
ALCUNI MEZZI immatricolati
negli anni Ottanta sono ancora in
servizio, «sono più le volte che sono
fermi in officina per riparazioni
che costano migliaia di euro, di
quelle in cui sono regolarmente
circolanti – rimarca Benemia -. E
meno male che quest’anno il grande
caldo estivo non è ancora arrivato:
siamo costretti a viaggiare
senza aria condizionata perché
non funziona. Senza dimenticare
che numericamente non sono abbastanza
proprio come le auto
blindate. Siamo costretti a dividerci
i mezzi con gli altri istituti
della Lombardia.
UN PARCO macchine
«disastrato» e un carcere
«al collasso». Dove il
sovraffollamento è ormai
diventata la normalità. «A
fronte di una capienza
regolamentare di 405
detenuti, oggi di reclusi ne
abbiamo 817, di cui 102
donne e addirittura 120 del
circuito Alta sicurezza, che
evidentemente richiedono
impegno e attenzioni
maggiori – fa i conti il
segretario regionale della
Uil penitenziari,
Domenico Benemia -. E
nonostante il
sovraffollamento, il
carcere non ha i soldi per
ristrutturare quattro celle
inagibili, e quindi
inutilizzabili, perché piove
dentro. Poi, però, a livello
centrale vengono a
raccontarci che vogliono
fare nuove carceri: ma con
quali soldi?». E quando
non si riesce a rispondere
con i letti a castello, in
carcere «le camere di
sicurezza del reparto
matricola, dove gli
arrestati dovrebbero
rimanere solo qualche ora
giusto per smaltire le
pratiche di ingresso,
vengono utilizzate come
vere e proprie celle, con i
reclusi che vi rimangono
finché non si libera
qualche posto all’interno
del detentivo vero e
proprio». I detenuti sono
ammassati nelle celle e «il
rischio che le condizioni di
convivenza peggiorino è
sicuramente concreto».
Per non parlare del
problema dell’acqua ogni
estate: «L’impianto non è
tarato per garantire una
corretta erogazione a un
così alto numero di
persone». E poi la cronica
carenza di agenti.
Attualmente in via
Sanquirico sono in servizio
350 agenti ma sulla carta
dovrebbero essere almeno
una sessantina in più. Dei
poliziotti al lavoro, 38
appartengono al Nucleo
traduzioni e
piantonamenti, ma «con il
sovraffollamento l’attività
richiede quotidianamente
che un’altra ventina di
agenti vengano sottratti al
servizio interno – denuncia
Benemia -. E quando il
“prestito” non si riesce a
fare, si esce sotto scorta. A
nostro rischio e pericolo».
Da Il Giorno Monza e Brizna, 27/07/2011