per dare un’idea di quel che sono i tanto amati giudici difensori della democrazia….
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dai legali della madre di Marcello Lonzi, giovane deceduto nel 2003 nel carcere delle Sughere a Livorno. Non si riapre il caso, viene confermata l’archiviazione disposta, nel maggio scorso, dal Gip di Livorno Rinaldo Merani.
L’11 luglio di 8 anni fa Marcello venne trovato morto e sul suo corpo numerosi segni traumatici difficilmente spiegabili se non come frutto di ripetute percosse, ma a nulla sono valse le prove fotografiche o la contraddittorietà degli stessi testimoni che parlavano di un malore. Neppure la riapertura dell’inchiesta e la individuazione di 3 persone (due agenti e il “compagno” di cella) inserite nel registro degli indagati (ma poi frettolosamente prosciolte) sono serviti a far piena luce sull’accaduto.
Di una cosa siamo certi: i segni sul corpo di Marcello sono a tutti evidenti e la sua morte non può essere attribuita a un semplice malore. Ma a pensarla così non è la Giustizia Italiana la cui giurisdizione non arriva oltre le sbarre degli Opg, dei Cie o delle carceri, e quando arriva vede quasi sempre i reclusi e gli internati sul banco degli imputati.
L’Italia ha un triste record: nel 2010 è stata condannata dalla Corte europea per i diritti dell’Uomo ben 98 volte per violazione diritti umani fondamentali, la Danimarca per fare un paragone non ha neppure una condanna. In Germania una storica sentenza della suprema Corte costituzionale, resa noto proprio in questi giorni, indica che il detenuto al quale non vengono garantiti i diritti umani deve essere liberato. In Italia invece si lascia morire lentamente, oppure di morte violenta, chi ha la sventura di capitare dentro le patrie galere o le altre istituzioni totali del Paese.
Non sappiamo se la Corte per i diritti dell’uomo di Strasburgo potrà servire a riaprire il caso Lonzi e a censurare ancora una volta l’Italia, Dopo Pinelli e molti altri nomi sconosciuti, un altro “malore” attivo per giustificare una morte carceraria e per ricordare a tutti che in Italia dietro le sbarre neppure il diritto alla vita e alla salute viene tutelato.