diffondiamo da informa-azione la nuova lettera di Mario “Tripa” Lopez tradotta da material anarquista
Compagni/e
Era da tempo che mi dovevo mettere davanti alla macchina da scrivere, soprattutto viste le richieste di vari/e compas da diverse parti del mondo, incluso il Messico, che mi hanno chiesto costantemente che situazione sto attraversando. Vorrei iniziare chiedendo delle scuse generali per l’irresponsabilità di non aver fatto avere notizie da parecchi mesi, più di 6 per l’esattezza, ma va bene, per diversi motivi, molto personali, non mi sono degnato di farlo.
Per ora dico solo alcune cose, cominciando da quelle giudiziarie. Il processo contro di me continua, ma ha avuto delle modifiche, e ancora non c’è una sentenza. Bene, da una settimana il mio caso è stato inviato al tribunale 20 dei delitti non gravi, questo a causa della riforma della legge in base alla quale sono stato accusato e che si configurava cosi nel codice penale messicano: attacchi alla pace pubblica, con una pena da 6 a 30 anni senza possibilità di cauzione o beneficio, è stata modificata in delitto non grave, con una pena da 4 a 7 anni, motivo per il quale gli avvocati anarchici chiesero la mia scarcerazione. Il tribunale 32 penale con sede nel Reclusorio Varolin Preventivo Sur, che ha avuto il mio caso dall’inizio, ha richiesto che venisse cambiato il tribunale, ovviamente l’accusa ha fatto appello, dopo un paio di mesi l’appello è stato rigettato ed è stata confermato il trasferimento. Il tribunale è stato quindi modificato, ma non prima dei soliti ostacoli durati un paio di settimane fino a quando il tribunale mi ha notificato il cambio.
Questo può sembrare una cosa buona, ma non del tutto, perché ora ricomincerà di nuovo il processo, mentre quello precedente era quasi finito, dato che stavamo entrando nella fase delle conclusioni.
Questo cambio significa una nuova opportunità per l’accusa di ampliare le prove a mio carico, di ricostruire il caso, che era pieno di irregolarità. Un esempio di ciò è che in un’udienza a cui ho presenziato mentre ero nel Reclusorio Sur, il pm ha chiamato a testimoniare una dell’antisommossa che nulla aveva a che vedere con la mia detenzione, questa c’entrava con un mio arresto per piccoli incidenti contro la corrida di tori nel 2009, inoltre non lavora più presso le istituzioni. Chiaramente gli avvocati hanno respinto velocemente questa presunta prova, ma è stato evidente l’intenzione del pm di aggiungere qualunque indizio che io ho attentato alla pace pubblica. Da parte nostra abbiamo rinunciato a questa fase di prove e abbiamo chiesto che le prove presentate fossero acquisite tale e quali. Questo cambio presuppone 3-4 mesi di processo, correndo il rischio che l’accusa non venga modificata in tentato, con una pena massima di 7 anni e ritorno in carcere.
Durante questi mesi mi sono trovato e tutti/e voi vi siete trovati/e in attesa della decisione dell’appello dell’accusa dopo la mia scarcerazione – la chiamano la libertà ma non posso definirla tale in merito all’uscita di prigione visto che per me la libertà è qualcosa di assoluto – visto il rigetto dell’appello, la mia libertà in attesa del processo è stata confermata, e al pm e alla difesa è stato dato un nuovo periodo per le prove, che noi riteniamo inutile, e assurdo per il pm, e questo ci ha chiarito l’intenzione del pm di restare per forza in questo tribunale. A questo periodo abbiamo rinunciato. Poi il tribunale 32 penale ha deciso di mandarmi a quello dei delitti non gravi, e il pm ha fatto appello.
Io personalmente voglio dire pubblicamente e apertamente che mantengo la mia posizione. Le riflessioni che uno/a dovrebbe prendere rispetto a situazioni come quella successa a me, io penso, devono essere soprattutto strategiche e tattiche, ma più che altro per quanto riguarda le idee, non unicamente rivolte alle ripercussioni giudiziarie che possono esserci. Si può dire che molte volte questi sono i costi della guerra, di un conflitto individuale o collettivo, conseguenze che non possiamo allontanare codardamente mettendo da parte la condanna o l’incertezza che soffrono – o soffriranno – i/le compagni/e colpiti dalla repressione di stato. Conseguenze che nel momento di entrare in lotta diretta contro lo Stato/Capitale dobbiamo assumere in prima persona e se serve anche collettivamente.
Io solitamente non concordo con le persone che immaginano una rivoluzione facile, un cambio non violento o violento senza ripercussioni, senza essere un po’ repressi dagli apparati statali, e non che io voglia – o desideri essere torturata – che questo accada, ma sono cosciente che dobbiamo far si che il rischio sia minimo, che sia ridotto al minimo, ma dobbiamo anche essere consapevoli che la repressione insieme alla criminalizzazione sono l’arma dello stato per fermare o cercare di interrompere chi è un disturbo per il suo dominio comodo , sempre che la nostra attività si ponga fuori dai parametri legali del sistema, sempre che questa forma di lotta superi gli stessi limiti imposti dalle ideologie ed entri in conflitto diretto con l’Autorità.
Non sto dicendo di adorare la violenza e nemmeno la chiamo rivoluzionaria, semplicemente è una forma che il movimento anarchico ha dovuto prendere dal passato al presente per combattere lo stato/capitale. Tenendo sempre a mente che la violenza non è il culmine del nostro intervento individuale/collettivo, respingendo anche la falsa dicotomia imposta sia dal sistema – soprattutto nello stato poliziesco che abbiamo oggi nel DF, per dirne solo uno – che dai suoi difensori e sostenitori – progressisti, pacifisti, riformisti, sinistri, ecc – per allargare il processo di insurrezione o per ostacolarlo coi falsi dilemmi che poi finiscono in divisioni inconciliabili.
Per attacco ho sempre inteso non solo l’attacco armato o esplosivo, l’attacco per me è qualunque forma di intervento anarchico che mette in dubbio e critica la realtà importa, che propone e si dirige verso il culmine dell’insurrezione individuale e generalizzata.
Tutti gli attacchi sferrati sempre più frequentemente contro il potere dal 2007 sono il risultato di alcune sollevazioni che oggi possiamo vedere nelle strade, è stata questa forza motrice che oggi muove il fermento anarchico e si affaccia anche oltre, sono le forze che hanno permesso oggi a molti/e compagni/e anarchici/che di avere una piena consapevolezza e fare passi importanti nel discutere e agire, senza separare teoria e pratica, ciò si pensa si attua, anche quando molti/e di questi/e compagni/e possono o no essere d’accordo con queste azioni di intervento, sabotaggi, o azioni individuali.
Ora queste questioni, – attacchi esplosivi, sabotaggi vari – credo, no sono il culmine della nostra lotta, forse lo sono nel presente immediato, ma secondo me queste azioni sono interventi individuali, di rivendicazione, di attacco, al tempo stesso si uniscono a tutta la gamma di propaganda – libri, pubblicazioni, proteste e varie attività, ecc –che vanno anche oltre, sono parte dello stesso impegno per raggiungere l’insurrezione, quando possono esserci determinate caratteristiche, ma anche questo fa parte della presa di coscienza per intervenire pro positivamente nelle sollevazioni irrazionali affinché si trasformino in insurrezioni consapevoli e generalizzate.
Penso che non possiamo vivere nell’illusione di credere che le nostre azioni per quanto minime non avranno alcuna ripercussione, l’anarchismo di per se è illegale, un pensiero di libertà è incompatibile con i parametri che il sistema impone per pensare e soprattutto la scommessa – forse in prima battuta – della distruzione della società del capitale che è l’unica comunità esistente.
Questa differenza assurda tra legale e illegale non è stata solo una scusa usata da chi si riempie la bocca di buonismo, nostalgie e belle parole, da chi vede l’anarchismo come qualcosa di vecchio, quando questa lotta – credo – è per agguantare la libertà totale e assoluta, una lotta incorruttibile che sta – ed è sempre stata – disposta a usare tutti i mezzi a disposizione per ottenere i suoi propositi. Criticando come individualisti, avanzando e distruggendo/costruendo.
Proseguendo vorrei commentare un articolo apparso nella rivista Proceso numero 1903 di Aprile 2013. L’articolo investigativo è intitolato “Allarme per gli anarchici messicani”. Innanzitutto vorrei dire che l’articolo non è poi cosi male, in confronto con ciò che si dice degli/lle anarchici/che in questo tipo di riviste progressiste, a dire la verità Proceso ha sempre pubblicato articoli molto accurati. Il testo si riferisce soprattutto ad un fatto che da tempo vari/e compas hanno notato, la nascita di una rete antiterrorista internazionale. La collaborazione dei servizi di intelligence europei rappresenta un problema più reale di quello che può essere lo stesso CISEN –prendendo in considerazione la sua pantomima di quando ha presentato come una presunta indagine quella a carico di gruppi anarchici presenti su facebook, tre dei quali avrebbero a disposizione “alcune armi da fuoco”, affermazione che mi pare assurda visto che siamo in un paese dove qualunque figlio dei vicini possiede armi, che stanno ovunque, e per averle basta intimidire qualunque poliziotto/a distratto/a che cammina dove non dovrebbe…ecc.
L’articolo del CISEN mi è sembrato proprio fatto per creare allarme e sensazionalismo piuttosto che l’investigazione della rivista Proceso la quale, secondo me, meriterebbe qualche attenzione. La questione rispetto ad Europol è che questo organismo poliziesco ha lo stesso oscurantismo ed esperienza nella lotta ai gruppi d’azione anarchica, che sono quelli che maggiormente agiscono in Europa. E la DIGOS in Italia mantiene il teorema per creare associazioni illegale di anarchici che sembrano tratte da romanzi di gangster, associazioni armate gerarchiche che in molte occasioni si sono dimostrate prodotto delle seghe mentali dei giudici incaricati di risolvere attentati ed esecuzioni che accadono nel paese, e che comunemente o sono rivendicati dagli/lle anarchici/che o a questi/e viene attribuita la responsabilità. Comunque con questa collaborazione e tutta questa esperienza di Europol non possiamo sperare meno che una riproduzione fantasiosa del modello utilizzato in Europa.
Infine vorrei chiarire pubblicamente, dato che mi è stato chiesto di farlo, e per togliere dubbi, che non ho niente da ringraziare al Movimento studentesco 132 per il fatto di essere stato scarcerato. Questo a causa della modifica della legge che il GDF ha fatto a causa della “pressione” di questo gruppo. Concretamente per me queste decisione non è stato altro che una decisione politica strategica, in concomitanza con la nomina di Mancera al governo del DF e in relazione alla repressione del 1 Dicembre.
Di cosa mi sarei macchiato? Come quando Ebrad, appena nominato solo un paio di giorni prima miglior sindaco del mondo, ha violato i diritti umani? Modifica che è servita anche – come sempre – per neutralizzare le proteste di questo tipo di riformisti che agiscono secondo il diritto e rispettano sempre le norme stabilite. Rispettando come sempre tutte le forme di para-stato, continuando la strategia della democrazia sociale che è quella della Esigenza – attenzione non mi riferisco alle eccezioni singole tra le loro file, ma alla posizione generale-. Quello che è successo è che gli avvocati del GASPA hanno valutato, chiesto e ottenuto la mia scarcerazione. Una critica non è sempre disprezzo, chi la vede cosi è perché non sa differenziare una dall’altra. Sentendosi sempre accusati e offesi, come si possono fare progressi?
Adesso vi saluto, sperando di non essere stato inopportuno come sempre. Vorrei ringraziare per il sostegno ricevuto dagli affini e dai compagni anarchici e solidali, che ho avuto quando ero in carcere e ora che sono fuori. Un grosso saluto e forza ai/lle compagni/e: Nikos Maziotis, Pola Roupa e il piccolo Victor Lambros che a 3 anni è in fuga insieme ai suoi “genitori”.