A pochi giorni di distanza dall’approvazione del decreto legge sul carcere, in cui si cerca di porre un rimedio ad una situazione sempre più critica, un ennesimo suicidio giunge a rimarcare l’emergenza sempre più pressante che questo tema rappresenta.Suicidio che questa volta è capitato nel carcere di Monza, carcere di cui già erano note le pessime condizioni di esistenza che vigono all’interno.Questo è il terzo decesso del 2011 ma, mentre negli altri due casi le cause erano “da accertare”, in quest’ultimo caso la verità è schiacciante e racchiusa nel gesto disperato che un individuo compie dietro le sbarre.Il decesso è avvenuto a causa dell’inalazione eccessiva di gas dalla bombola del fornello che i ristretti tengono in cella. Questa è la causa più diffusa di morte in cella, spesso anche utilizzata in maniera ludica come modo per sballarsi.
Subito il Sappe ha puntato il dito contro la possibilità, garantita dall’ordinamento penitenziario, di cucinare in cella dicendo che è una cosa da togliere, anche perché il cibo viene fornito già dall’amministrazione penitenziaria.Peccato che il più delle volte questo cibo sia insufficiente rispetto all’elevato numero di detenuti che sono e questo fatto costringe molti reclusi a saltare i pasti!
Tutte le carceri della penisola hanno un elevato indice di sovraffollamento, segno che si rinchiude sempre più spesso e per pene sempre più insulse.E mentre il governo cerca di correre ai ripari con decreti tesi a rendere la detenzione “migliore”, come se potesse esserci una prigionia piacevole, le carceri di tutta Italia sono scosse da rivolte: materassi dati alle fiamme, aggressioni alle guardie, scioperi della fame; per citare soltanto alcuni tra i modi più diffusi per protestare dietro le sbarre.
Soltanto nel carcere di Monza, durante il 2011, ci sono stati 11 tentativi di suicidio, 87 episodi di autolesionismo, 2 aggressioni subite dagli agenti della polizia penitenziaria, 84 scioperi della fame e, aggiungiamo noi, due morti da accertare a cui si va ad aggiungere il suicidio del 18 dicembre.Come si vede non è proprio una situazione tranquilla nonostante il silenzio della stampa locale più preoccupata a far credere che Monza sia ormai preda del crimine e di una delinquenza dilagante. Fatto che turba i sonni del monzese medio, solitamente dotato di un’ottima posizione economica e sociale per cui il carcere rappresenta o un luogo di vergogna, da ignorare e nascondere, o una presenza rassicurante.Questa morte come tutte le altre del resto, sono tutte da imputare al carcere così come tutte le malattie che causa.
Carcere che significa sofferenze e soprusi anche per i familiari del detenuto, umiliati da una burocrazia arrogante che li tratta come se anche loro dovessero pagare per la colpa di avere un familiare in prigione.Come già detto per l’amnistia, non ci aspettiamo certo che sia lo stato a trovare la soluzione. Stato che è anche quello che rinchiude e che usa il codice penale come unico metodo per mediare il conflitto sociale.Lo stesso stato che promulga leggi repressive (un esempio per tutti la Fini-Giovanardi o ancora peggio la Bossi-Fini, che sono tra le prime cause del sovraffollamento tra le mura) e che poi pensa di pulirsi la cattiva coscienza dimostrando, attraverso l’amnistia o il nuovo decreto, che in realtà si interessa ai detenuti e alle loro condizioni, ma rivelando solamente il suo disinteresse nei confronti dei problemi ma soprattutto nei confronti delle cause che li originano.Molti, ad eccezione dei soliti forcaioli della Lega e del PDL, hanno salutato la riforma del ministro Severino come un atto dovuto, un primo passo concreto verso una carcerazione dal volto umano.Tutti ottimi propositi ma che non affrontano il vero problema: il carcere.
Nella realtà attuale con un diminuire esponenziale di crimini commessi, si ha una crescita ormai costante e inarrestabile del numero dei detenuti. Nel 2011 siamo arrivati al numero record di 68.000 presenze in tutta Italia.Il carcere come baluardo di una società che si sta disgregando è la pratica sempre più diffusa a livello nazionale, anzi addirittura a livello planetario. (pensiamo che il maggior numero di detenuti a livello mondiale si ha negli Stati Uniti con un milione di persone rinchiuse).Il carcere in quanto tale, racchiude in sé la propria disumanità. Il pensare di liberare il carcere dai suoi mali, appare quindi un’impresa impossibile che contrasta con il motivo per cui esiste.
CordaTesa Dicembre 2011