Situazione carceraria italiana

18 luglio 2011

 

L’altro giorno il segretario della Uil-Penitenziari Eugenio Sarno ha diffuso cifre e dati che costituiscono un affresco da brivido: nelle carceri italiane sono rinchiusi qualcosa come 67mila detenuti (64.081 uomini e 2.848 donne), a fronte di una disponibilità reale di posti detentivi pari a 43.879.

Un surplus di 23.050 detenuti in più rispetto alla massima capienza, che determina un indice medio nazionale di affollamento pari al 52,5 per cento.
In ben dieci regioni italiane, il tasso di affollamento vari dal 15 per cento al 50 per cento. In nove dal 51 per cento all’80 per cento. L’unica regione italiana che non presenta una situazione di sovraffollamento è il Trentino Alto Adige. Capofila, per sovraffollamento, la Puglia (79,4 per cento), seguita da Marche (71,8 per cento), Calabria (70,6 per cento), Emilia Romagna (69,7 per cento) e Veneto (68,0 per cento).
L’istituto con il più alto tasso di affollamento si conferma quello di Lamezia Terme (186,7 per cento), seguito da Busto Arsizio (152,17 per cento), Brescia Canton Mombello (146,6 per cento), Varese (145,3 per cento) e Mistretta (143,8 per cento). Il 50 per cento (102) delle strutture penitenziaria presenta un affollamento dal 50 per cento all’80 per cento; il 35 per cento (72) un affollamento dal 2 per cento al 49 per cento.
Dal 1 gennaio al 30 giugno del 2011 si sono verificati 34 suicidi in cella. Nello stesso arco temporale in 135 istituti sono stati tentati 532 suicidi, dei quali oltre duecento sventati in extremis dal personale di polizia penitenziaria. Il maggior numero di tentati suicidi si è verificato a Cagliari (28). Seguono Firenze Sollicciano (25), Teramo (19), Roma Rebibbia, San Gimignano e Lecce con 18 tentati suicidi. In 160 istituti si sono verificati 2583 episodi di autolesionismo grave.
Il triste primato spetta a Bologna (112), a seguire Firenze Sollicciano (106), Lecce (93), Genova Marassi (77) e Teramo (66). Ad aggravare il quadro complessivo concorrono i 153 episodi di aggressioni in danno di poliziotti penitenziari, che contano 211 persone ferite. Sempre dal 1 gennaio al 30 giugno 2011 in 175 istituti si sono verificate 3392 proteste individuali (scioperi della fame, rifiuto del vitto, rifiuto della terapia). Proteste collettive (battiture, rifiuti del carrello) invece in 126 istituti.
“Questi numeri, coniugati all’imminente esaurimento dei fondi per l’ordinaria amministrazione”, dice Sarno, “testimoniano e certificano l’imminente implosione dell’intero sistema penitenziario. Nel mentre continuano a propinarci la solfa del piano carceri (fantasma) nessuno ha voluto (o potuto) rispondere ad una semplice domanda, ovvero con quale personale si intenderà attivare le nuove strutture (se e quando saranno edificate) o i padiglioni di recente edificazione. In tal senso abbiamo esempi che non possono non preoccupare: i nuovi penitenziari di Rieti e Terni sono solo parzialmente funzionanti per l’impossibilità di garantire gli organici necessari.
Basti pensare che nel 2001, con circa 43mila detenuti, la polizia penitenziaria poteva contare su circa 41.300 unità. Al 30 giugno di quest’anno con 67mila detenuti e una quindicina di istituti aperti nell’ultimo decennio, le unità di polizia penitenziaria assommavano a 37.368 (di cui 2936 impiegate in strutture non detentive). A conti fatti il reale disavanzo nella polizia penitenziaria assomma a circa 8000 unità. Quindi cresce il rammarico per la mancata assunzione straordinaria di circa 1600 unità determinata dalla manovra finanziaria.
Per quanto concerne i profili amministrativi, l’organico previsto è di 9.476 unità. Al 30 giugno 2011 le unità effettive erano 6.753. I ruoli con le maggiori scoperture risultano essere gli Educatori (- 372), gli Assistenti Sociali (- 534), i Contabili (- 308) e i Collaboratori Amministrativi (- 1033). Non crediamo servano ulteriori commenti per illustrare la devastazione che colpisce tutti gli operatori penitenziari, costretti ad operare sempre più soli ed abbandonati nelle frontiere penitenziarie”.
A questa cruda, drammatica denuncia, come rispondono il ministero della Giustizia e il Dap? Con il silenzio. L’inerzia è eretta a sistema, l’indifferenza è programmatica. Cresce, nel frattempo, la mobilitazione. Questa sera, a Bari, avrà luogo una fiaccolata silenziosa davanti al carcere di Bari “per denunziare ancora una volta il grave problema del sovraffollamento e delle condizioni di vita nelle carceri italiane”. L’ennesimo suicidio avvenuto il 27 giugno 2011 nella Casa Circondariale di Bari, il quinto in sei mesi nelle carceri pugliesi, il secondo in meno di tre mesi, dice l’avvocato Eugenio Sarno, presidente della Camera Penale del capoluogo pugliese, “costituisce l’inesorabile conseguenza delle condizioni disumane in cui vivono in Italia i detenuti, e conferma il collasso del sistema penitenziario.
Nelle carceri non vi è alcun rispetto della persona, valore fondamentale della nostra civiltà occidentale. Le condizioni delle carceri italiane, infatti, minano ogni giorno la salute e la dignità delle persone detenute. L’art. 6 del regolamento penitenziario afferma che “i locali in cui si svolge la vita dei detenuti devono essere igienicamente adeguati”.
La realtà è ben diversa, denuncia Sarno: “Persone rinchiuse in piccole celle per 22 ore al giorno, celle buie, fredde d’inverno e roventi d’estate, dove i detenuti consumano anche i loro pasti, con un piccolo lavandino, dove spesso l’acqua non esce, con letti a castello (anche a quattro piani) accatastati alle pareti. A tutto ciò devono aggiungersi le difficilissime condizioni di lavoro degli operatori penitenziari, soprattutto della Polizia Penitenziaria, spesso costretti a turni massacranti a causa delle gravi carenze di organico”.
In Puglia la capienza regolamentare sarebbe di 2.492 detenuti, ma le presenze effettive corrispondono a 4.486 detenuti. Drammaticamente emblematico il dato relativo al carcere di Bari che, pur con una sezione chiusa, ospita ben 550 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 210.
Occorre che la società civile si mobiliti e che anche i media riconquistino il ruolo di forza determinante per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità di considerare il detenuto, che deve giustamente pagare i suoi debiti con la società, comunque, persona con tutti i suoi diritti. Non esagera dunque Sarno quando parla di “barbarie”: “La nostra Costituzione, ha inteso affermare e tutelare i diritti di tutti i cittadini, pertanto crediamo che l’opera di denuncia e di sensibilizzazione sia importante per far comprendere che senza il superamento della cultura della pena carceraria non risolveremo mai i problemi di sovraffollamento, dei suicidi in carcere, delle recidive”.


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