“Lucca, peggior carcere d’Italia”

cordatesa“Senza alcuna remora penso che il carcere di Lucca possa, a buon titolo, essere annoverato tra le peggiori realtà penitenziarie italiane tanto da poter essere considerato in posizione da podio”. Questo il giudizio del segretario generale della Uilpa penitenziari (organizzazione sindacale del pubblico impiego) Eugenio Sarno, che nelle scorse ore ha effettuato una visita al San Giorgio. Sarno si è pure messo a fotografare. “In quaranta scatti – dice il segretario – stiamo documentando la realtà penitenziaria italiana troppo spesso edulcorata o addirittura taciuta e che invece si connota quasi sempre per degrado, inciviltà e illegalità. Abbiamo documentato una delle peggiori realtà carcerarie d’Italia. Abbiamo documentato, con la forza delle immagini, il degrado e l’insalubrità della struttura e l’indegnità delle postazioni di lavoro della polizia penitenziaria. Negli ultimi anni non è cambiato nulla. Lucca resta un carcere sporco, sovraffollato, degradato al netto dell’impegno che riconosciamo al Comandante di reparto e al direttore per mantenere in piedi la baracca. Non comprendiamo come mai, nel passato, si siano spesi soldi per rifare il tetto a una sezione dismessa e per uno scanner a raggi x (controllo effetti in entrata) che non ha mai funzionato. Ma nessuno ha voluto approfondire questi sprechi di danaro pubblico nonostante le nostre denunce”.

A sostegno della sua tesi, Sarno porta in risalto i numeri. Stamani a Lucca erano detenute 170 persone (69 italiani e 101 stranieri) a fronte di una disponibilità regolamentare di 76 posti. I detenuti in attesa di primo giudizio sono 52, 46 gli appellanti, 10 i ricorrenti e 62 i condannati in via definitiva. “Il contingente di polizia penitenziaria decretato per legge – dice il segretario – sarebbe di 130 unità, ma ne sono presenti solo 106, di cui 5 distaccate in altre sedi, 5 impiegate al nucleo traduzioni e 16 impiegati in compiti di ufficio e amministrativi”.

Il problema, per Lucca come per tutte (o quasi) le altre carceri italiane, non è solo e soltanto la fatiscenza delle strutture o la ristrettezza degli spazi. La questione è più complessivo e riguarda l’intero sistema. Spesso capita che di veder strumentalizzate le prosteste, i tentativi di suicidio, la ristrettezza d’organico, le aggressioni. Se non si è capaci di riformare, di investire sulle pene alternative e di depenalizzare certi reati, difficilmente sarà possibile trovare una soluzione. E la prima vera vittima, come sempre, sarà la società.

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