Tensioni nelle carceri liguri.

ffighterL’inasprimento delle tensioni in Egitto impone inevitabilmente al Personale di Polizia Penitenziaria una particolare vigilanza ed attenzione verso quei detenuti originari di quei Paesi che sono attualmente ristretti in carceri liguri. Sono attualmente meno di 10, concentrati nelle Case circondariali di Marassi, La Spezia e Sanremo, e, se pure non si segnalano particolari tensioni, è possibile, come peraltro già avvenuto in passato per i detenuti in Italia e in Liguria di altri Paesi esteri, che chiederanno telefonate aggiuntive verso i familiari che vivono nei Paesi d’origine. Certo, va detto che le tensioni nei vari Paesi mediorientali potrebbe avere risvolti inquietanti anche all’interno delle carceri italiane, considerati da un lato l’altissimo sovraffollamento delle celle e l’altrettanto elevato numero di detenuti stranieri e dall’altro il fatto che oggi nei nostri penitenziari italiani vi sono più detenuti di religione islamici che non cattolici o aderenti ad altri credi. La cella potrebbe diventare il luogo in cui, sempre più spesso, piccoli criminali vengono tentati da membri di organizzazione terroristiche detenuti. Del resto, già nel nostro recente passato le Brigate Rosse avevano inteso le carceri quali luoghi di lotta e proselitismo. Analogo stratagemma potrebbe essere messo in atto oggi da esponenti del terrorismo islamico, i quali cercano così di mimetizzare la propria attività infiltrando propri adepti fedeli e non sospetti, in quanto occidentali. Oggi abbiamo in Italia 22.744 detenuti stranieri sui circa 65mila presenti e quasi 11mila appartengono a Paesi dell’Africa; 458 gli egiziani detenuti in Italia, che pur sotto controllo vivono comprensibilmente con ansia e preoccupazione il corso degli eventi. Il Governo non perda dunque tempo ed incrementi il grado di attuazione della norma che prevede l’applicazione della misura alternativa dell’espulsione per i detenuti stranieri i quali debbano scontare una pena, anche residua, inferiore ai due anni; potere che la legge affida alla magistratura di sorveglianza.”

Ne è convinto Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo della Categoria, che spiega: “I nostri istituti di pena ospitano oggi una popolazione detenuta di origine extracomunitaria estremamente vasta, variegata, rabbiosa e soprattutto sconosciuta: il 40% dei 65mila detenuti presenti, percentuale che in Liguria arriva a raggiungere il 60% dei presenti. Di pochi di questi detenuti conosciamo i reali collegamenti con l’esterno: non solo, ma questi soggetti fanno della comune situazione di detenzione un valido strumento di predicazione verso i soggetti più deboli e diseredati ristretti con loro. Da tempo, ad esempio, esprimiamo preoccupazioni per le recenti conversioni, in carcere, di detenuti italiani all’Islam. Per taluni, che a causa delle loro azioni sono stati puniti dalla società in cui vivono e sono nati, può risultare atto di emenda abbracciare un nuovo credo e così avviare una facile via per la costruzione di una nuova identità sociale, favorita dall’idealizzazione di cui viene a godere tale atto: attribuendo al nuovo credo la capacità di riconoscere un valore a tutto ciò che la società di provenienza sanziona. Così, ogni diseredato ben indottrinato può facilmente autoassolversi per il proprio essere deviante per il solo fatto di vedersi riconosciuto un ‘ruolo’ all’interno della nuova società in cui entra abbracciandone il credo e lottando per Allah. E’ già accaduto nel passato: un pregiudicato siciliano, convertitosi all’Islam in carcere dov’era detenuto per reati minori, fece esplodere due bombole di gas nel metrò di Milano (11 maggio 2002) e nei templi della Concordia di Agrigento (5 novembre 2001). Auspichiamo che il Governo ed il Ministero della Giustizia assumano urgenti provvedimenti anche su questa pericolosa criticità in un contesto già particolarmente difficile come è quello penitenziario.”

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