Carmelo Musumeci, una vita dietro le sbarre, lancia petizione contro l’ergastolo

cordatesaCarmelo Musumeci, ergastolano detenuto nel carcere di Padova, durante gli anni ha avuto modo di studiare ed ha iniziato a scrivere libri ed articoli, raccontando all’Italia la vita dei detenuti da dietro le sbarre. Di recente, ha lanciato una petizione contro l’ergastolo ostativo. A firmarla sono stati anche personaggi illustri, come Margherita Hack, la quale ha anche scritto la presentazione del suo libro “Zanna Blu”.
Secondo il principio su cui si basano le carceri, esse dovrebbero essere finalizzate alla rieducazione dell’individuo per il reinserimento nella società. L’ergastolo è dunque incostituzionale? InfoOggi.it ha intervistato Carmelo Musumeci per capire quali sono le motivazioni che lo hanno spinto a lanciare la petizione, ma anche per scoprire come vivono i detenuti condannati all’ergastolo.

Carmelo, lei è stato condannato all’ergastolo: per quale ragione? Che cosa è accaduto?
“Sono nato colpevole. Poi ho fatto di tutto per diventarlo. Ed è accaduto la fine del mondo. Le mie carte processuale dicono (e non io) che durante una guerra fra bande mi hanno sparato sei colpi, tutti a segno, ma poi, sopravvissuto, mi sono vendicato”.

Una persona viene condannata all’ergastolo ostativo quando si ritiene che nessuna pena è in grado di garantire il reinserimento nella società del detenuto. Secondo lei, viene dunque a crollare il principio secondo cui si basano le carceri? Si tratta unicamente di una “punizione”, è dunque incostituzionale?
“Come fa una pena che non finisce mai a rieducare o a migliorare qualcuno? L’ergastolo ostativo non solo è anticostituzionale, ma è una vera e propria tortura perché ti ammazzano un po’ per volta tutti i giorni e un po’ tutte le notti”.

Lei, durante la sua detenzione, ha studiato ed ha scritto un libro: nel suo caso, il carcere è stato educativo? Si sente un uomo diverso?
“Ho cominciato a studiare per non impazzire quando ero sottoposto al regime di tortura del 41 bis. Ed ho pubblicato diversi libri perché credo che in Italia la giustizia e le prigioni siano quelli che sono anche perché, a differenza di altri Paesi, nel nostro manca una letteratura sociale carceraria. E la letteratura è l’anima di un Paese, per questo m’illudo di crearne una con i miei romanzi sociali noir carcerari. E poi scrivo anche perché ogni persona che mi legge mi trasmette un po’ di forza per continuare a esistere e resistere. L’ultimo mio libro s’intitola “Zanna Blu” (Gabrielli Editore) ed ha la prefazione di Margherita Hack (lo si può ordinare anche tramite questo indirizzo email: zannablumusumeci@libero.it). Il carcere non è un luogo educativo, non è la medicina, ma piuttosto è la malattia e per questo io lo chiamo l’Assassino dei Sogni. E dopo ventitré anni di carcere è ovvio che mi senta un uomo diverso, ma molto peggiore e più “criminale” di quando sono entrato”.

Se venisse rilasciato, come imposterebbe la sua vita? Cosa le piacerebbe fare?
“Con la condanna della “Pena di Morte Viva” (così è chiamata da noi l’ergastolo ostativo) se non metti in cella un altro al posto tuo non avrai mai la possibilità di venire rilasciato. In tutti i casi se questo miracolo accadesse, smetterei di essere uno scrittore ombra e continuerei a scrivere libri. E andrei in giro per l’Italia per presentarli e per continuare a lottare contro l’Assassino dei Sogni per fare conoscere, nella Patria del Diritto e della Cristianità, l’esistenza della “Pena di Morte Viva”.

Com’è la vita in carcere?
“In carcere non si vive, ma si sopravvive. E funziona solo l’emarginazione sociale. Il carcere migliore è quello che non costruiranno mai”.

La petizione che ha lanciato, contro l’ergastolo ostativo, è stata firmata da persone illustri, tra i firmatari ve n’è qualcuno che lei stima particolarmente?
“Li stimo tutti perché in un’Italia forcaiola ci vuole tanto coraggio e dare la faccia e schierarsi con i cattivi per dare anche a loro una speranza, una possibilità, una sola. Se proprio devo fare dei nomi, anche se non mi piace farli, stimo moltissimo Margherita Hack, Agnese Moro e Umberto Veronesi”.

Quale pena sarebbe idonea, secondo lei, per coloro che non mostrano alcun pentimento e che dimostrano di non avere compreso l’entità di ciò che hanno compiuto?
“Dopo un serio percorso sociale, il perdono è la peggiore, più dolorosa e rieducativa, pena che si possa dare a un uomo, perché il male si combatte solo con il bene”.

Per chi ha compiuto reati di terrorismo, mafia e per quelli compiuti contro i minori, secondo lei, è possibile mirare al reinserimento?
“Non bisogna buttare mai via nessuno, come dice spesso Agnese Moro, figlia dello statista ucciso dalle Br. Tutti possono essere recuperati, ma c’è qualcuno evidentemente che pensa che per gli uomini ombra (così vengono chiamati gli ergastolani ostativi) è giusto che siano destinati ad essere considerati cattivi e colpevoli per sempre”.

L’ergastolo ostativo stronca ogni possibilità di rimediare a ciò che si è compiuto? Per quale ragione, secondo lei, è importante debellare questo tipo di pena?
“L’ergastolo ostativo è una pena di morte al rallentatore, una pena di morte che si consuma ogni giorno, a gocce, da vivo, senza nessuna possibilità di rimediare al male con il bene. Nulla è più grande di un atto d’amore e di perdono”.

Ha in mente altri progetti, per il futuro, al fine di portare avanti la sua causa?
“Lasciarmi morire di fame per liberare almeno il mio corpo e la mia mente senza continuare a farli soffrire inutilmente e senza speranza”.

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