Sardegna: negli appalti per le nuove carceri gli stessi nomi del G8 fallito alla Maddalena

anticarc_ACAssegnati in piena emergenza, i lavori per la realizzazione delle strutture finiscono alle società poi impegnate nei lavori del mancato vertice. La loro gestione in mano dell’allora presidente del Consiglio superiore dei Lavori Pubblici, Angelo Balducci, oggi sotto processo a Perugia.
Appalti assegnati in piena emergenza, con inviti ad aziende “di fiducia” e sotto lo scudo del segreto di Stato: nessuno che vada a sbirciare in cantiere e progetti top secret. È il 2003 quando un decreto dei ministri della Giustizia Castelli e delle Infrastrutture Lunardi, stabilisce la costruzione di quattro carceri in Sardegna, oltre a Rieti, Marsala, Savona, Rovigo, Forlì, alcune delle quali mai realizzate per mancanza di fondi o revisione dei requisiti. Per l’isola, invece, Roma affida i lavori in gran fretta. La torta è gustosa, in ballo ci sono cifre che poi lieviteranno anche del 50 per cento a causa delle modifiche via via apportate.
I soldi. La prima tranche è finanziata dal Cipe: 57,8 milioni per Cagliari-Uta, 53,7 per Sassari-Bancali, 33 a Tempio-Nuchis e 36 per Oristano-Massama. Eppure, il penitenziario del nord Sardegna alla fine costerà 86 milioni, compresi espropri e spese tecniche. Entro il 2013, dagli iniziali 180 i milioni investiti in questi cantieri saranno 285.
Così divisi: 92 milioni per Cagliari-Uta, per 542 posti (sebbene sul sito del commissario il numero salgono a 586), 88 per Bancali (465 posti), 60 milioni per Tempio-Nuchis (150 posti) e 45 milioni per Massama-Oristano (250 posti). Il rapporto costo per detenuto più basso ce l’ha Cagliari, per via delle economie di scala: 167mila euro investiti per ogni spazio per recluso realizzato. Al contrario, il costo per detenuto più alto (300mila euro) si registra, di conseguenza, per il penitenziario più piccolo, quello di Tempio-Nuchis.
A differenza dei progetti nelle altre località indicate nel decreto – alcuni dei quali cancellati dalla mancanza di copertura finanziaria – la fase operativa del Piano carceri Sardegna parte subito: a fine 2005, Castelli ne dà notizia durante una visita a Tempio Pausania”.
Il 22 dicembre sono stati aggiudicati gli appalti per i nuovi istituti”, comunica. Si riferisce a gare informali, giustificate da ragioni d’urgenza per far fronte al sovraffollamento dei penitenziari. Ma sono selezioni in deroga alla legge sugli affidamenti pubblici, con buona pace dei principi di trasparenza e concorrenza.
La loro gestione è in capo all’ufficio Servizi integrati infrastrutture e trasporti di Lazio, Abruzzo e Sardegna, diretto tra il 2004 e settembre 2005 da Angelo Balducci, ex gentiluomo del papa che da presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici sarà imputato per lo scandalo della “cricca” e dei Grandi Eventi. Oggi è sotto processo a Perugia.
Nomi noti. Tra gli appalti all’esame dei pm, non ci sono quelli legati ai nuovi penitenziari sardi. Ma alcune ditte sono le stesse che poi ritroveremo impegnate nei lavori per il G8 mancato, a partire dal 2008. “Opere pubbliche Spa” costruisce il carcere di Cagliari-Uta e sull’arcipelago realizza il depuratore. “Gia. Fi. Costruzioni” va a Tempio-Nuchis, e trasforma l’ex ospedale militare di La Maddalena in hotel. Infine “Anemone Srl” si aggiudica l’appalto per Bancali e poco dopo anche quello per il palazzo conferenze dei Grandi.
La prima, Op, con sede a Cagliari, è estranea alla valanga che ha solo sfiorato la Gia. Fi., a quell’epoca di Valerio Carducci (mai finita sotto accusa per questi appalti). Valanga che poi travolge il costruttore amico di Balducci, il romano Diego Anemone, che a Sassari oltre al carcere di Bancali ha costruito la questura. A Oristano, arriva da Bari il Gruppo Intini, che nulla ha a che fare col G8, ma che darà molti mal di testa al provveditorato regionale alle opere pubbliche. In alcuni casi, i quattro gruppi si rivolgeranno a ditte locali con contratti di subappalto.
Poco prima che scoppiasse il caso del “sistema gelatinoso”, quindi le società di fiducia dell’amministrazione – requisito per partecipare alle gare urgenti – sono già impegnate su suolo sardo da 4 o 5 anni. Quando Balducci e Anemone finiscono in carcere, febbraio 2010, non è ancora dato sapere a che punto siano i cantieri. Filtrano pochissime informazioni su cifre, stato avanzamento lavori e modalità di subappalto: persiste il riserbo di Stato.
Come sottolineano i parlamentari pd Donatella Ferranti e Guido Melis nella loro interpellanza ai ministri Alfano e Matteoli, all’indomani degli arresti: “Poiché i lavori sono iniziati nel dicembre del 2005 e non si sa ancora quando saranno ultimati (il Governo su questo punto è stato reticente)? Non si capisce a cosa sia servita realmente la dichiarazione d’urgenza”.
A quella data, Anemone ha incassato 26 milioni di euro (il 35% dell’importo totale dell’appalto di Sassari), Gia. Fi. 31 milioni (52% dell’appalto di Tempio), Opere pubbliche 39 milioni (52% dell’importo iniziale riservato a Uta). Per Melis e Ferranti “è l’ennesima dimostrazione che con la straordinarietà e l’urgenza si è sicuramente operato in una zona grigia, in deroga alle ordinarie procedure per le gare d’appalto, ma non si sono raggiunti risultati concreti”.
Uta. Cagliari-Uta è un cantiere aperto, ma in fase di completamento. Entro la fine del 2013, ha assicurato il provveditore regionale alle Opere Pubbliche, Donato Carlea, sarà consegnato completo del braccio dedicato al 41-bis (video), circa 10mila metri quadri di cemento armato ripartito in celle-alveare. Le stanze di detenzione sono al piano terra, ovviamente singole, con una finestra che affaccia su un cortile per l’aria comune a quattro celle.
Più di una volta i dipendenti della Opere pubbliche si sono ritrovati senza stipendio, talvolta anche solo a causa del ritardo negli accrediti, con i primi problemi che iniziano nell’estate 2009. La ditta annuncia esuberi causa crisi, poi ai sindacati comunica di avere instaurato un contenzioso dopo aver realizzato una condotta fognaria a La Maddalena. Tra settembre e ottobre 2011, gli operai occupano la sede cagliaritana del ministero delle Infrastrutture e interviene il provveditorato, che media nella vertenza con la Cgil di Cagliari: a gennaio 2012 si arriva a un accordo. Ma la situazione è complessa, l’azienda vanta crediti che non riesce a riscuotere, e alcune mensilità non vengono pagate.
Il provveditore passa giornate in prefettura per cercare risolvere la questione, tanto che il ministero delle Infrastrutture talvolta si sostituisce alla società per pagare gli stipendi. A febbraio 2013, la questione arriva sul tavolo del commissario straordinario del governo, Angelo Sinesio, al quale gli appaltatori garantiscono regolarità nei pagamenti. Ora i lavori proseguono senza intoppi.
Bancali. Su quegli appalti non è a calata alcuna ombra giudiziaria, sebbene nel corso del 2010 ci fosse stata una iniziale attenzione degli inquirenti alla Alcatraz che sta per sorgere nel Sassarese. Eppure, la storia dei cantieri è stata sofferta.
A Bancali, a fine autunno del 2009, qualche settimana prima del blitz dei carabinieri sul G8, Anemone minaccia di licenziare trenta operai su ottanta. I dipendenti scioperano, poi si torna a ragionare e un’intesa con i sindacati scongiura il caos. Allora arriva la variante al progetto, che impianta qui un braccio per detenuti in regime di 41-bis.
Il rallentamento è scontato: i tempi si allungano e dalle iniziali previsioni di consegna comunicate di volta in volta dal provveditorato alle opere pubbliche – 2009, poi 2010 e 2011 – si arriva a maggio 2012.
Il guardasigilli Severino vuole vedere con i suoi occhi a che punto sono i lavori. Fa un sopralluogo in tutti i cantieri sardi, e imprime una accelerazione, sebbene non rispettata. Irrealisticamente, fissa l’apertura dell’istituto di Sassari-Bancali al 31 ottobre 2012 e per arrivare a quest’obiettivo strappa altri finanziamenti al collega delle Infrastrutture, Corrado Passera. A marzo 2013, le opere sono completate, compreso il reparto di massima sicurezza, ma mancano i collaudi indispensabili per trasferire i detenuti. Possibile che l’apertura vera a propria slitti a luglio o settembre.
Massama. Massama (Oristano) è un istituto di media grandezza, con 250 posti, che accoglierà bracci importanti come quelli destinati all’Alta Sicurezza. Ma già poco dopo la consegna al ministero della Giustizia – il 25 settembre 2012 – erano emersi subito piccoli inconvenienti. Come le infiltrazioni d’acqua che poco dopo l’apertura costringono il provveditore regionale alle opere pubbliche (emanazione del ministero delle Infrastrutture) ad ammettere la defiance e stanziare altri fondi per sanare il paradosso.
Per Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione Socialismo, Diritti, Riforme, che in Sardegna si occupa di monitorare la condizione dei detenuti, sarebbe la prova che la scarsa pubblicità in appalti opachi non garantisce buoni esiti, tanto da farle sollecitare “un’inchiesta per verificare fino a che punto i progetti iniziali sono stati modificati e per conoscere l’esatto ammontare delle spese”.
Protestano anche i detenuti, che subito dopo il trasferimento lo definiscono addirittura un “lager”, situazione che poi non trova conferma nelle successive visite di associazioni e giornalisti. A metà febbraio scorso, trenta reclusi iniziano lo sciopero della fame (poi interrotto) perché nella nuovissima struttura ci sono palestre, teatro, biblioteca e chiesa, ma non è possibile utilizzarli: mancano i soldi per completare attrezzature e materiale per il trattamento.
Tempio. Inaugurato il 27 novembre 2012 con una celebrazione alla quale avevano partecipato anche amministratori locali, il penitenziario di Tempio-Nuchis sorge su una base di granito che ha contribuito a farne lievitare il costo: 60 milioni di euro per 150 reclusi, contro gli 89 investiti sul penitenziario di Uta, che ospiterà almeno 550 reclusi. Da febbraio 2013 Tempio-Nuchis ha iniziato ad accogliere reclusi, sebbene la gran parte delle 150 brande sia destinata come Massama-Oristano a detenuti sottoposti all’Alta Sicurezza, ex 41-bis “degradati”, oppure condannati per reati associativi legati alla criminalità mafiosa o al traffico di droga.
Sono anche affiliati alle cosche, gregari di secondo piano, appartenenti comunque alle famiglia malavitose. Divenuto casa di reclusione (per condannati definitivi), questo carcere è stato scelto dal provveditorato regionale del Dap, Gianfranco De Gesu, come laboratorio per sperimentare progetti per “educare” i reclusi speciali a recuperare i principi e valori della legalità, dal nome del programma varato da poco. Piano ambizioso che dietro queste sbarre potrebbe portare corsi di teatro e formazione.

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